venerdì 1 settembre 2017

BESLAN COME ESAME



BESLAN COME ESAME

 

Ormai è diventata una tradizione – scrivere di Beslan nei tre giorni di settembre di ogni anno. «Noi ricordiamo», «Per Sempre», «Dolore». Parole banali, tanto che sembrano già solo un dovere. Come una candela sul avatar dopo lennesimo attacco terroristico

Dopo 13 anni dalla strage dei bambini nella Scuola n. 1 di Beslan scavi in te stesso e ti rendi conto che tutto quello che si poteva dire è già stato detto tempo fa. L'anima è spremuta, le lacrime sono state piante, il dolore è entrato dentro. Sembra che tutto si sia stabilizzato e ti rendi consapevole da te stesso di una rara acutizzazione. Ecco allora la voglia di parlare. Di qualcosa di importante, di pesante, che ferisce l'anima. Ed invece il vuoto. Niente da dire. Solo "ricordiamo" e "piangiamo".

Noi non abbiamo superato la prova di Beslan. Non abbiamo superato l'esame.

Non siamo diventati migliori. Non abbiamo capito cosa ci è successo allora e continua a succedere adesso. Perdendo le cose più preziose, siamo pronti a perderle ancora ed ancora. Avremmo dovuto diventare fratelli la sera del 3 settembre, ma siamo rimasti conoscenti, ci guardiamo diffidenti l'un l'altro, costruendo recinti e non notando la mano tesa dell’aiuto. I nostri valori non sono cambiati. Sono rimasti gli stessi del 31 agosto 2004. Siamo ancora interessati solo ai nostri interessi egoistici, alla nostra pancia ed al nostro benessere. Esattamente fino a quando questo fragile benessere inizia a mancare. Primo, uno, poi l'altro - ma soprattutto, non noi. Fino ad allora

I tre giorni a Beslan sono stati terrificanti con il loro sangue e le speranze. E splendidi - con la loro trepidazione e la loro condivisione verso il prossimo. Mi ricordo solo questo. Tutti erano pronti ad aiutare chiunque e chiunque era pronto ad aiutare tutti. E nessuno pensava al prezzo di questa condivisione. Erano tutti uguali: erano pronti a dare anche la vita. E questa non è enfasi. Lo vidi con i miei occhi. Ho visto tutto in quei tre giorni. Fu allora che mi parve che fosse stato in quel 31 agosto, non sarà mai più. Siamo cambiati vedendo cosa è successo e cosa potrebbe ancora accadere. Ma per ognuno è già arrivato il 4 settembre. Così, sì, Beslan ha fatto di noi degli esseri umani - ma esattamente per questi tre giorni. Dopo, ognuno ebbe le proprie preoccupazioni interrotte solo dai funerali dei bambini.

Siamo così e non siamo diventati migliori. In noi semplicemente un dolore costante si è stabilito, dolore che sta cercando una via d'uscita. Dolore che vorrebbe dire qualcosa di grande, come l'universo, ma produce solo "ricordiamo" e "piangiamo". Dolore che sarebbe dovuto diventare forza, ma ancora rimane solo dolore.

Poteva diventare una forza, se ci fossimo alzati a fianco delle madri, battendoci per la verità. Poteva diventare una forza se avessimo tutto il mondo ci avesse aiutato a curarci completamente dalle ferite. Poteva diventare una forza, se non avessimo trasformato «Beslan» in un marchio vantaggioso da «vendere» ai burocrati di passaggio. Sì ma poco altro abbiamo come pretese verso noi stessi.

Noi non potevamo fare altro. Ed è già difficile farlo.

Una ripetizione dell’esame non ci sarà

Nessun commento:

Posta un commento