domenica 26 gennaio 2025

RISPOSTA DEL MINISTRO LAVROV AI GIORNALISTI SULLE RELAZIONI CON L'ITALIA


 

Domanda: durante una conferenza stampa di fine 2024, il presidente russo V.V. Putin ha affermato che la Russia prova simpatia sia per la società italiana che per l’ltalia stessa. Questo sentimento si estende al Governo italiano, guidato da Giorgia Meloni? L'Italia potrebbe svolgere un ruolo nella risoluzione delle ostilità in Ucraina o nella difesa degli interessi russi nella UE, fungendo potenzialmente da ponte tra Russia e UE?

 

Risposta: effettivamente in Russia hanno una sincera simpatia per il popolo italiano, amano la ricca cultura italiana, la sua arte ed i suoi risultati creativi. La maggior parte degli italiani sono persone sane ed amichevoli. Ci sono molte cose in comune tra noi, ad esempio, il desiderio di bellezza e giustizia, il rispetto dei legami familiari, l'interesse reciproco l'uno per l'altro.

Allo stesso tempo, è improbabile che si possa operare in categorie astratte come simpatia e antipatia quando si tratta di relazioni interstatali. Definendo la nostra politica nei confronti dell’Italia siamo guidati dai nostri interessi nazionali e dal principio di reciprocità. Sfortunatamente le relazioni italo-russe stanno attraversando la crisi più profonda dalla Seconda Guerra Mondiale e Roma ufficiale ne è sicuramente responsabile. Su iniziativa delle autorità italiane tutti i meccanismi di interazione istituzionale sono stati congelati, si è verificato un crollo dei rapporti bilaterali. In effetti, il bagaglio che è stato accumulato per decenni è stato perso.

Non indovineremo quanto presto a Roma si sveglieranno e realizzeremo quanto sia l'immenso danno economico, sociale e reputazionale che la linea spericolata dell' «Occidente collettivo», per infliggere alla Russia una «sconfitta strategica» e per contenere il nostro paese con sanzioni illegali, porta. Ma, ovviamente, il ripristino della cooperazione russo-italiana reciprocamente vantaggiosa sarebbe nell'interesse dei popoli della Russia e dell'Italia. Tuttavia ribadiamo ancora una volta: il nostro dialogo bilaterale si è interrotto per responsabilità di Roma, alla quale spetta correggere le conseguenze del proprio comportamento negativo.

Per quanto riguarda la seconda parte della sua domanda, è difficile immaginare quale ruolo, nella risoluzione del conflitto ucraino, potrebbe svolgere un paese che, fin dall'inizio dell'Operazione militare speciale è stato all’avanguardia nella linea anti-russa ostile e non solo, sostenendo "a 360 gradi" e "per tutto il tempo necessario", come ama dire il Presidente del Consiglio Meloni, il regime neonazista omicida di Kiev, anche fornendo un significativo aiuto militare, tecnico-militare e finanziario.

Data la posizione anti-russa occupata dall'Italia, non la consideriamo né come possibile partecipante al processo di pace, né soprattutto come «difensore degli interessi della Russia nella UE», il che nelle condizioni attuali sembra francamente ridicolo.

Se in Italia vogliono dare un reale contributo tangibile alla soluzione pacifica prima di tutto devono smettere di inondare di armi Kiev, inviando in Ucraina armi ed attrezzature militare sempre più moderne. Ciò porta solamente ad un'escalation incontrollata del conflitto e ad un aumento del numero di vittime, anche tra la popolazione civile.

 

https://mid.ru/ru/foreign_policy/news/1992829/#25

venerdì 24 gennaio 2025

27 gennaio 1944 27 gennaio 2025


 

27 gennaio 1944 27 gennaio 2025

 

Durante la controffensiva delle truppe sovietiche durante il 1941-1942, furono fatti ripetuti tentativi di sfondare l'anello di blocco intorno a Leningrado. Per ogni nostro cittadino e connazionale, la parola «blocco» è principalmente associata a Leningrado e alla memoria di coloro che lo hanno vissuto o non sono stati in grado di sopravvivere.

Il 12 gennaio 1943, le truppe dei fronti di Leningrado e Volchov lanciarono un'operazione offensiva su larga scala, nome in codice Iskra. Il sesto giorno dell'offensiva, il 18 gennaio 1943, l'accerchiamento fu interrotto. Durante feroci battaglie, Shlisselburg e Lipki furono liberate dai nazisti. Di conseguenza, sulla costa meridionale del Lago Ladoga, fu possibile creare uno stretto «corridoio» largo 11 km per rifornire ed evacuare la popolazione.

La completa liberazione della città fu possibile un anno dopo a seguito dell'operazione offensiva strategica Leningrado-Novgorod. È stato condotto con successo dalle forze dei fronti di Leningrado, Volchov e del 2 fronte del Baltico in collaborazione con la flotta Baltica e l'aviazione a lungo raggio. Il 27 gennaio 1944, nella storia della Grande Guerra Patriottica, fu segnato dalla liberazione definitiva del blocco e dalla completa liberazione di Leningrado.

La battaglia di Leningrado divenne una delle battaglie più difficili, lunghe, feroci e sanguinose della Grande Guerra Patriottica. Nel 1944, durante le azioni offensive, le truppe sovietiche liberarono le regioni di Leningrado, Novgorod e parte della regione di Kalinin (ora Tver), respingendo il nemico ai confini di Estonia e Lettonia. La Finlandia, che era alleata con la Germania nazista nei piani di conquista di parte del territorio sovietico, fu costretta a dichiarare il ritiro dalla guerra e concludere un trattato di armistizio con l'URSS. L'offensiva di successo nella direzione strategica nord-occidentale è stata il prologo dell'avanzata vittoriosa delle nostre truppe nel teatro europeo.

L'analisi dei documenti militari tedeschi indica che i nazisti ed i loro complici pianificarono di cancellare Leningrado dalla faccia della terra e sottoporre la sua popolazione ad uno sterminio completo, anche sopprimendo le vie di approvvigionamento, distruggendo le scorte di cibo e creando le condizioni per una carestia. L'ordine del comando di Hitler era molto chiaro: mantenere la città sotto assedio, bloccarla rigidamente, non accettare la resa, attraversare la linea del fronte per sparare e condurre alla distruzione totale gli abitanti. Per attuare i suoi piani disumani, il nemico non risparmiò né forze né armi: più di 150 mila proiettili furono sparati nella città sulla Neva e più di 107 mila bombe incendiarie ed esplosive furono sganciate. Quartieri residenziali, ospedali, maternità, scuole e istituti per bambini, musei, palazzi e istituti furono sottoposti a bombardamenti barbari e regolari bombardamenti di artiglieria.

Senza precedenti in termini di durata e gravi conseguenze, intenzionale, con il desiderio di annientare le persone, il blocco di Leningrado durò 872 giorni – dall' 8 settembre 1941 al 27 gennaio 1944.

Durante questo periodo di fame, malattie e bombardamenti, secondo varie fonti, morirono più di un milione di persone. Questi dati vengono definiti grazie a storici e volontari. Ogni giorno, fino a 4.000 abitanti morivano di esaurimento nella città sulla Neva. Ma come sono morti? Dolorosamente, duramente, in mostruose sofferenze. Decine di migliaia di bloccanti sono morti durante l'evacuazione.

Nel 2022, su presentazione dell'Ufficio del Procuratore generale della Russia, il tribunale della città di San Pietroburgo ha riconosciuto le azioni delle autorità di occupazione e delle truppe tedesche, insieme ai loro collaboratori-unità armate formate sul territorio di Belgio, Italia, Spagna, Paesi Bassi, Norvegia e Finlandia, nonché singoli volontari tra austriaci, lettoni, polacchi, francesi e Cechi – «crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio di gruppi nazionali ed etnici che rappresentano la popolazione dell'URSS, i popoli dell'Unione Sovietica».

Dal 1995, la data commemorativa del 27 gennaio 1944 viene celebrata come il Giorno della liberazione dell’Assedio della città di Leningrado. Nel 2014, il nome corretto – il Giorno della completa liberazione di Leningrado dal blocco fascista – è stato approvato dalla legge come il maggior completo risultato del ruolo e del contributo della popolazione civile alla difesa della città.

Nel gennaio 2023, il presidente russo V.V. Putin, nel suo discorso dedicato all ' 80° anniversario della rottura dell’Assedio di Leningrado, ha osservato che questo giorno è significativo non solo per i residenti della città, ma anche per tutta la Russia.

"La memoria storica deve essere preservata. È così che tali tragedie che il nostro popolo ha vissuto durante la Grande Guerra Patriottica non si ripeteranno mai più. C'è anche un senso attuale – in modo che possiamo rispondere in tempo alle minacce emergenti nei confronti del nostro paese».

 

Marija V. Zacharova, 23 gennaio 2025 MID Rossii

giovedì 23 gennaio 2025

Risposte dell'Ambasciatore della Federazione Russa in Italia Alexey Paramonov al "Fatto Quotidiano", 23 gennaio 2025

 

 

 

1) Ambasciatore Paramonov, lei è un raffinato conoscitore del nostro Paese, in Italia ha lavorato a lungo e parla perfettamente italiano. L'Italia è da sempre un partner commerciale privilegiato della Federazione Russa, un importante interlocutore culturale, ma oggi è considerata “Paese ostile” da Mosca. In che fase storica dei nostri rapporti bilaterali direbbe che ci troviamo in questo momento?

 Dal punto di vista storico, quelle tra la Russia e l’Italia sono relazioni di lunga data. Pur assumendo forme e modalità diverse, tali relazioni sussistono già da più di cinque secoli. È vero, non siamo alleati geopolitici, non siamo vicini prossimi, non siamo popoli fratelli, né condividiamo legami di parentela. L’aspetto importante, tuttavia, è che per la gran parte del nostro percorso, noi, russi e italiani, abbiamo cercato di essere buoni amici e partner affidabili gli uni per gli altri. Una volontà che, peraltro, era reciproca e sincera. E lungo tale percorso, insieme, siamo riusciti a realizzare molte cose.

 In tutta onestà, però, non ci siamo sempre riusciti. Ci sono stati periodi segnati da dissidi e ostilità, come è stato, ad esempio, tra il 1941 e il 1943. Ma in definitiva, come del resto è emerso in maniera particolarmente evidente a seguito della Vittoria dell’URSS e della Russia nella Grande Guerra Patriottica e nella Seconda Guerra Mondiale, ricorrenza della quale, tra l’altro, celebreremo l’80° anniversario il 9 maggio prossimo, a trionfare nei nostri rapporti è sempre stata una tendenza positiva, una tendenza a riemergere dalle difficoltà, una tendenza a salire sempre piu` in alto e non a scendere. Sono certo che così sarà anche nel prossimo futuro, quando finalmente questa foschia tossica di derivazione anglosassone si dissiperà, e allora verrà alla luce tutta la verità in merito a chi, in che modo e con quali mezzi si è servito dell’Ucraina come strumento atto a far sì che i legami con la Russia si spezzassero, a indebolire la posizione del nostro Paese sul piano internazionale e a favorire un’escalation della crisi nell’area euroatlantica, finanche ad arrivare alla minaccia di uno scontro diretto con la NATO, alla terza guerra mondiale.

 

2) Valuta ancora come “irreversibile” l'evoluzione negativa dei rapporti tra Roma e Mosca come ha, in precedenza, affermato?

 Potete constatare da soli quanto rapidamente stia cambiando il mondo nel quale viviamo. Già adesso appartengono ormai al passato, e lì resteranno senza possibilità di ritorno, determinati stati di cose che fino a non molto tempo fa erano dati per scontati. Se prendiamo l’economia, ad esempio, non sarà più possibile recuperare quei vantaggi unilaterali di cui l’Italia beneficiava, in qualità di partner occidentale privilegiato prima dell’URSS, e in seguito della Russia, in termini di approvigionamento di fonti di energia a basso costo e di libero accesso al vasto mercato russo.

 Nel suo rapporto di recente pubblicazione, Confartigianato ha stimato che le perdite economiche e di altro tipo subite dall’Italia a causa delle politiche anti-russe intraprese ai vertici ammonterebbero a circa 155 miliardi di euro, quasi 80 miliardi dei quali sarebbero legati all’aumento dei costi dell’energia.

 A tal proposito, in Russia abbiamo un detto che si confà perfettamente alla situazione – “Lomat’ ne stroit’”, e che possiamo tradurre come “È più facile distruggere che costruire”. L’Occidente, e in particolar modo l’Unione Europea, hanno fatto di tutto per riuscire a demolire quel sistema di cooperazione economico-finanziaria che esisteva con la Russia, che per loro era molto vantaggioso, e che aveva richiesto diversi decenni per essere messo a punto. Ed è evidente che tale demolizione sia, in larga misura, irreversibile. Sarà necessario ricostituire tale sistema ripartendo praticamente da zero, ma in quel caso si tratterà già di un meccanismo diverso, che potrà basarsi soltanto su quei requisiti che la Russia riterrà accettabili per se stessa e che rispondono ai suoi interessi; e, più precisamente, sui principi di sovranità, di parità dei diritti e di conformità con quelli che sono i suoi obiettivi di sviluppo nazionale.

 

3) Lei è stato direttore del dipartimento Europa del ministero degli Esteri russo. In prospettiva, come vede il futuro delle relazioni russo-europee e da cosa dipenderà principalmente la loro evoluzione?

 Con il suo coinvolgimento nella guerra ibrida e nello scontro geopolitico portati avanti nei confronti della Russia allo scopo di infliggerci una sconfitta strategica, nel contesto della crisi ucraina scatenata dall’Occidente, i leader europei, o per essere più precisi i leader dell’Unione Europea, di fatto hanno rigettato i fondamenti improntati alla pace e a uno spirito costruttivo che risiedevano alla base di questa Unione, intraprendendo una strada che la sta portando a trasformarsi in una struttura aggressiva e ideologizzata, ossessionata dal bisogno di rivendicare, con qualsiasi mezzo a inclusione della forza, la propria posizione privilegiata in quell’ordine mondiale voluto dall’Occidente collettivo e capeggiato dagli USA.

 Naturalmente, con un’“Europa” del genere, ovvero con un’Europa il cui volto è quello di Ursula Von Der Leyen, la Russia contemporanea ha ben poco da spartire. Come, allo stesso modo, l’Impero Russo aveva ben poco da spartire con un’Europa il cui volto era quello di Napoleone Bonaparte, o come del resto anche l’URSS aveva ben poco da spartire con un’Europa che si era arresa al potere di Hitler.

 Tra l’altro, in un contesto nel quale assistiamo a un’ascesa senza precedenti dei Paesi asiatici, alla rinascita del continente africano e a processi di grande dinamismo in corso in America Latina, l’Unione Europea sta gradualmente perdendo la sua posizione dominante in molti ambiti legati al settore produttivo, così come a quello delle scienze, della ricerca, della cultura e dell’istruzione.

 Anziché volersi preparare a un’assurda guerra contro la Russia, secondo i recenti richiami dei vertici della NATO, i nostri vicini europei farebbero meglio a guardarsi attorno e a realizzare che il mondo che si trova al di là dei confini dell’area Schengen, al di là di quel “giardino dell’Eden” che loro affermano di voler proteggere, è di gran lunga più vasto, più complesso, più bello, più vario, più interessante e più buono di quanto gli “spauracchi” imposti da Bruxelles vorrebbero lasciar credere.

 Al tempo stesso, per l’Europa sarebbe più che sensato, in quanto propaggine occidentale di un enorme continente quale l’Eurasia, osservare con maggiore attenzione questo territorio e i processi di integrazione che lì stanno avendo luogo. Perché, dopotutto, non è necessario possedere particolari doti di autoveggenza per riuscire a intravedere quali grandi opportunità e vantaggiose prospettive possono derivare dalla partecipazione al Grande Partenariato Eurasiatico in via di formazione; un partenariato che, da Lisbona, si estende fino a Giacarta.

 

4) Dalla sua prospettiva di diplomatico di lungo corso, chi, nella sua opinione, sta svolgendo più sforzi di mediazione tra Mosca e l'Ue?

 A quanto pare, sono state proprio le sovrastrutture burocratiche e parlamentari dell’Unione Europea che, dopo essersi costruite il proprio nido tra Bruxelles e Strasburgo, si sono tramutate in due agguerriti stabilimenti per la produzione di sentimento anti-russo che operano per conto dell’Occidente collettivo e che “sfornano”, 24 ore su 24, dichiarazioni russofobe e sanzioni ai danni della Russia. Senza contare che tutto questo avviene in un contesto di continuo e crescente distacco dalla realtà dell’economia europea e dai reali interessi dei singoli Paesi, dei vari settori dell’industria, della popolazione ma, soprattutto, dai reali interessi dei singoli cittadini.

 Sorprende anche il fatto che, dal momento in cui la crisi in Ucraina è entrata nella fase più acuta e dall’inizio dell’Operazione Militare Speciale condotta dalla Russia al fine di normalizzare la crisi, da Bruxelles, così come, del resto, dalle altre capitali del “giardino europeo”, della “culla della civilizzazione cristiano-giudaica”, dalla “roccaforte della diplomazia internazionale e multilaterale”, Roma compresa, non è giunta nemmeno una proposta, nemmeno una considerazione, nemmeno un’idea riguardante le possibili vie diplomatiche e di pace che potessero portare al superamento dell’impasse e alla risoluzione della crisi politica e militare più grave mai vista in Europa in tutto il periodo post-bellico. Cosa che non ha comunque impedito a tutta una serie di Paesi appartenenti alla Maggioranza mondiale o ai loro raggruppamenti di avanzare proposte estremamente significative e di grande avvedutezza per una risoluzione della crisi. È sufficiente rammentare l’iniziativa avanzata dal gruppo dei Paesi africani, ma anche le proposte giunte dalla Cina, dal Brasile e da diversi Paesi del Golfo Persico.

 

5) Ora che i rapporti con l'Occidente collettivo hanno subito una forte compromissione, la Russia intende privilegiare le proprie relazioni con le nazioni asiatiche. Siamo in presenza di una divergenza di grande rilievo, se consideriamo che il rapporto con l'Europa è stato il tema dominante della politica estera, culturale e di sicurezza di Mosca negli ultimi secoli. Come valuta questa cesura epocale?

 La rotta intrapresa dall’Occidente in direzione di una chiusura ai rapporti con la Russia, che ormai viene portata avanti da quasi tre anni, ha reso necessaria da parte nostra una seria riconsiderazione delle priorità che ci hanno guidato nel corso degli ultimi decenni. In generale, tale cambio di rotta da parte dell’Occidente collettivo era comunque prevedibile, visto e considerato che la guerra alla Russia l’avevano già dichiarata nel lontano 1994, quando presero la decisione di ampliare la NATO verso Est, decisione che era priva di qualunque ragionevole fondamento.

 La transizione verso una politica di contenimento della Russia, di fatto, è stata un tentativo di tutelarsi in maniera molto arrogante e cinica nell’eventualità che il nostro Paese tornasse ad essere una delle maggiori potenze mondiali e un importante attore nel campo della politica estera; che, in definitiva, è proprio ciò che è accaduto.

 In questo senso desta una certa preoccupazione l’attuale virata sempre piu` militaristica delle politiche dell’Europa Occidentale e dei suoi singoli stati se si vuol ricordare che al di là delle grandi conquiste che l’Europa ha indubbiamente regalato all’umanità, sono state le élite europee a scatenare ben due guerre mondiali che hanno arrecato sofferenze incommensurabili al genere umano e hanno partorito ideologie devastanti, le quali, a loro volta, hanno avuto un impatto tragico sulle vite di milioni di persone. Qui c’è da aggiungere pure l’ultima ondata dei valori neoliberali disumani che si sta cercando di piantare con tanta insistenza. Dunque, e` stato proprio l’Occidente e l’UE a compromettere tutta un’era di una cooperazione proficua con l’Europa, protrattasi per quasi 400 anni. Ci sono ormai delle direzioni di cooperazione che sono di gran lunga più promettenti.

  È esattamente per questo che la Russia, nel consolidare la sua posizione, negli ultimi 30 anni ha portato avanti una politica piuttosto equilibrata e, trattandosi di un Paese eurasiatico, ha rivolto la sua attenzione tanto all’Occidente quanto all’Oriente e al Sud del mondo. Fermo restando, però, che la priorità è stata data ai Paesi dell’ex Unione Sovietica, tra i quali hanno preso forma l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, l’Unione Economica Eurasiatica e l’Unione Doganale, così come l’Unione tra la Russia e la Bielorussia. Sono altresì entrati in funzione due meccanismi multilaterali di grande rilievo: l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, a livello regionale, e i BRICS, di portata globale. Il successo della cooperazione con i Paesi asiatici oggi è legato, in primo luogo, al fatto che tale cooperazione presuppone un modello che è privo della dicotomia del “leader” e del “seguace”, e che fa pieno affidamento sui principi del diritto internazionale, sanciti dalla Carta dell’ONU, in tutta la loro integrità e pienezza,  della sovranità, della parità e dell’uguaglianza dei diritti, della considerazione e del rispetto degli interessi reciproci.

 La promozione di un grande partenariato eurasiatico può avvenire attraverso l’instaurazione di legami tra i raggruppamenti di integrazione che sono già in essere, così come attraverso l’armonizzazione dei loro progetti. Oggi, l’Eurasia centrale e quella orientale rappresentano la direzione più promettente sul piano economico. È là che sono in corso di realizzazione ambiziosi progetti di portata globale per la logistica e le infrastrutture. Tra questi, ad esempio, c’è il Corridoio Internazionale per i Trasporti Nord-Sud.

 

6) Negli Stati Uniti è stato appena eletto Donald Trump, che ha sempre promesso di mettere fine al conflitto ucraino “in 24 ore”. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha detto che si tratta di “un'esagerazione”. Come prevede che cambieranno le relazioni russo-statunitensi con l'arrivo dell'esponente repubblicano alla Casa Bianca e quanto peseranno le sue scelte politiche nella risoluzione della crisi ucraina?

 Al momento attuale, il mondo intero sembra essere immobile, in attesa dell’insediamento di Donald Trump e della sua squadra. Anche alcuni tra i miei interlocutori stanno posticipando i loro eventi in programma a “un momento successivo al 20 gennaio”, così da avere modo di “adeguarsi” al nuovo “inquilino” della Casa Bianca. La Russia, invece, non deve adeguarsi proprio a nessuno. La nostra visione del futuro ordine mondiale multipolare è già ben chiara e articolata, così come lo sono anche le già note proposte per una risoluzione della crisi ucraina e un’eventuale normalizzazione dei rapporti con l’Occidente. Ciò riguarda anche il ripristino di un dialogo con gli USA. Da parte nostra c’è la piena disponibilità a tenere contatti con la nuova amministrazione americana.

 Sottolineo, tuttavia, che un ripristino del dialogo strategico con gli americani che di per se ha un grande valore per la stabilità del mondo, dovrà essere preceduto dalla rinuncia, da parte di Washington, a proseguire con la sua politica volta a minare la nostra sicurezza e a infliggerci una sconfitta strategica; e dovrà essere preceduto altresì da un atteggiamento di apertura nei confronti del complesso lavoro necessario ai fini di ridurre le probabilità di un conflitto, in considerazione di tutti i fattori più significativi legati alla stabilità strategica, con particolare enfasi sull’eliminazione delle cause primarie del conflitto stesso, cause che l’Occidente stesso ha creato, e sulla risoluzione delle nostre controversie più gravi in materia di sicurezza.

 

7) Quanto graverà sui Paesi Nato la recente decisione dell'amministrazione Biden di autorizzare l'uso di missili a lungo raggio contro la Federazione russa?

 La parte russa ha messo più volte in guardia la NATO su certe misure di natura tecnico-militare che potrebbero accrescere in maniera significativa il rischio di un conflitto diretto tra la Russia e i Paesi dell’alleanza atlantica. E noi, purtroppo, vediamo proprio come tale la decisione presa dall’amministrazione uscente di Joe Biden che autorizza le Forze armate ucraine a condurre attacchi in profondità all’interno del territorio della Federazione Russa. Si stanno quindi creando i presupposti per sollevare la questione riguardante quelle che sono le responsabilità di simili decisioni. Dopotutto, tali azioni vengono intraprese non dagli ucraini, bensì dai loro “istruttori” dei Paesi occidentali, che sono anche i fornitori di tali sistemi missilistici a lunga gittata.

 

8) Secondo il testo della nuova dottrina di deterrenza nucleare russa che il presidente Putin ha appena approvato, aumentano i casi di ricorso a questa categoria di armamenti: quanto sono fondati i timori (UE) di un potenziale, prossimo conflitto nucleare?

 Vorrei ricordare che la Russia, proprio alla vigilia dell’avvio dell’Operazione Militare Speciale, e cioè nel novembre del 2021, ha sottoscritto la Dichiarazione per la Prevenzione della guerra nucleare. Nel testo del documento si indica chiaramente che “nell’implementazione delle politiche afferenti all’ambito della deterrenza nucleare, la Russia si fa guidare con rigore e coerenza dal postulato riguardante l’inammissibilità di una guerra nucleare, nella quale non possono esserci vincitori, e che mai dovrà essere scatenata”.

 Tuttavia, da allora in poi si sono verificati significativi cambiamenti nell’equilibrio strategico delle forze globali, sono emerse nuove minacce, in seguito alle quali è divenuto necessario attuare dei correttivi a quella che era stata, fino a quel momento, l’impostazione dottrinale in questo ambito; correttivi che hanno trovato espressione nel nuovo documento “Fondamenti della politica statale della Federazione Russa nel campo della deterrenza nucleare”. Tali nuovi fondamenti non vanno a modificare l’essenza dei nostri approcci di principio, ma garantiscono soltanto alla Russia la possibilità di attuare in maniera tempestiva delle contromisure nell’eventualità in cui si verifichi un’aggressione ai danni del nostro Paese e dei suoi alleati. Ci piacerebbe poter contare sul fatto che questo documento venga recepito in Occidente non come una minaccia, ma bensì, prima di tutto, come un ennesimo, serio avvertimento in merito alle quantomai realistiche conseguenze di una loro cosiddetta “escalation graduale” che talvolta si avvicina moltissimo agli scenari della dottrina nucleare russa.

 

9) A quali condizioni il Cremlino si siederà al tavolo delle trattative per mettere fine alla crisi ucraina e quali presupposti verranno presi in considerazione per la cessazione definitiva del conflitto?

 In relazione alla risoluzione della crisi in Ucraina, Mosca si attiene a quell’approccio integrato e complesso di cui il Presidente Vladimir Putin ha fornito un’analisi esauriente nel suo intervento al Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa dello scorso 14 giugno. L’essenza fondamentale della proposta che è stata avanzata risiede nel fatto che essa prevedeva proprio la possibilità di porre definitivamente fine al conflitto in assenza di condizioni preliminari, e non di indire un qualche cessate il fuoco o una semplice tregua, provvedimenti che i nostri avversari avrebbero potuto sfruttare per mettere in atto una nuova offensiva.

 La nostra posizione di principio non cambia: vogliamo che l’Ucraina abbia uno status di Paese neutrale, non allineato e denuclearizzato, e vogliamo che il Paese sia sottoposto a un processo di demilitarizzazione e denazificazione, a maggior ragione visto che tutti avevano acconsentito alla totalità di queste condizioni nel corso dei negoziati di Istanbul del 2022.

 Assieme allo sforzo compiuto al fine di chiudere per sempre la questione riguardante il coinvolgimento dell’Ucraina nella NATO, il Presidente Vladimir Putin ha anche parlato della necessità di ripristinare i diritti linguistici, religiosi e non solo dei cittadini russi dell’Ucraina, che il regime neonazista di Zelensky ha voluto annientare servendosi della legge. I diritti, le libertà e gli interessi della popolazione russofona residente in Ucraina dovranno essere pienamente garantiti, e le nuove realtà territoriali dovranno essere riconosciute; la Crimea, Sebastopoli, la Repubblica popolare di Donetsk, la Repubblica Popolare di Lugansk, così come le regioni di Zaporozhye e di Kherson dovranno essere riconosciute come soggetti territoriali della Federazione Russa. In seguito, tali imprescindibili disposizioni dovranno essere ufficializzate nella forma di accordi internazionali fondamentali. Naturalmente, questo presupporrà altresì il ritiro di tutte le sanzioni occidentali imposte alla Russia.

 Le minacce messe in atto sui nostri confini occidentali, in quanto rappresentano una delle cause principali del conflitto, dovranno essere rimosse. E questo lo si potrà conseguire soltanto nel quadro di accordi più ampi riguardanti le garanzie per la sicurezza del continente eurasiatico.

 

10) Lei si è insediato nella sede diplomatica di Roma nel 2023: cosa l'ha maggiormente sorpresa, nei rapporti con le autorità italiane, fino ad ora?

 Uno dei pochi elementi relativamente positivi nell’attuale fase delle relazioni tra la Russia e l’Italia è rappresentato dall’impegno messo in atto dalle autorità di entrambi i Paesi finalizzato al preservare i canali di cooperazione interstatale, mantenendoli operativi. Questo riguarda tanto le nostre rappresentanze diplomatiche di Roma e di Mosca, gli istituti di cultura, gli uffici consolari, incluso l’operato svolto dai consoli onorari, quanto la collaborazione attuata a livello dei servizi segreti.

 A quanto pare, tale atteggiamento testimonia l’assenza di intenzioni volte a provocare un’ulteriore inasprimento della crisi, e anzi, al contrario, mostra il desiderio di evitare che ulteriori problematiche vadano ad accumularsi ostacolando così la reciproca comprensione e portando a prendere decisioni affrettate.

 Al di là di questo, le autorità italiane si stanno comportando nel complesso nell’osservanza di quelli che sono i paradigmi propri del protocollo diplomatico corrente, al netto della loro volontaria rinuncia a una parte della propria sovranità, ceduta all’Unione Europea e alla NATO, così come del legame euratlantico con Washington che il Governo italiano ha voluto innalzare al di sopra di tutto.

 

11) Sin all'epoca sovietica si sono affermate relazioni di amicizia e di alto profilo tra Mosca e Damasco. L'uscita di scena di Assad e il suo trasferimento in Russia sono a suo avviso suscettibili di mutare questo quadro consolidato? Mi riferisco anche alla situazione degli assetti militari che Mosca controlla in territorio siriano: a tale riguardo, ritiene che la Libia possa essere una eventuale destinazione alternativa per tali assetti ove non fosse possibile conservare quelli attuali?

 Alla Russia sono ben noti gli assetti in essere nella Siria attuale. Noi contiamo molto sul fatto che nel Paese possano finalmente giungere la pace e la serenità, e lodiamo le dichiarazioni fatte dalle nuove autorità al potere in merito all’intenzione di cominciare a costruire un Paese fondato sullo Stato di diritto e sulla giustizia, che tenga conto degli interessi di tutti i settori della società siriana, e nel quale venga promosso il mantenimento dell’ordine e della sicurezza. Noi riteniamo che il cammino verso una normalizzazione duratura della situazione in Siria sia possibile esclusivamente avviando un dialogo interno alla Siria che abbia carattere di inclusività, che sia finalizzato al conseguimento di una riconciliazione nazionale e alla promozione di un articolato processo di risoluzione politica della crisi in conformità con i principi fondamentali che sono sanciti nella Risoluzione N°2254 del Consiglio di Sicurezza ONU.

 Per la Russia è importante che siano i siriani stessi a determinare il futuro della Siria. Siamo convinti del fatto che i rapporti di amicizia e rispetto reciproco che si sono venuti a creare tra i popoli dei nostri due Paesi durante gli scorsi decenni continueranno ulteriormente ad evolversi in maniera costruttiva. Per quanto riguarda le modalità della cooperazione militare tra la Russia e la Siria, tale questione verrà affrontata attraverso un confronto bilaterale con i nuovi vertici al potere in Siria.