sabato 19 marzo 2022

Aleksej PARAMONOV: combattere contro tutto ciò che è russo in Europa rasenta il razzismo

 

Direttore del Primo dipartimento europeo del Ministero degli affari esteri della federazione Russa - RIA Novosti, 19.03.2022

 

Mosca spera che la furiosa campagna russofobica in Europa lasci il posto ad un lavoro equilibrato per garantire la sicurezza comune sul continente, ha detto a RIA Novosti Aleksej Paramonov, direttore del primo dipartimento europeo del Ministero degli Esteri russo. In un'intervista esclusiva il diplomatico ha anche parlato della possibilità che la Russia tagli le forniture di energia all'Italia, ha spiegato la minaccia della chiusura della filiale olandese dell'Hermitage e ha valutato le prospettive dei contatti Mosca-Vaticano sull'Ucraina.

- Nel 2020 la Russia ha fornito all'Italia un'assistenza su larga scala nella lotta contro la pandemia di coronavirus: attrezzature speciali, ventilatori, maschere e tute protettive sono stati inviati nelle regioni settentrionali del paese. Roma è ora all'avanguardia dei paesi della UE che hanno adottato sanzioni contro la Russia. Come potete commentare questo?

- Infatti, secondo l’accordo raggiunto a livello del Presidente russo e del presidente del Consiglio dei ministri italiano nel marzo-aprile 2020, l'Italia ha ricevuto una notevole assistenza da parte del Ministero della Difesa russo, del Ministero dell'Industria e del Commercio e del Ministero della Salute. Per inciso, una richiesta di assistenza alla parte russa fu inviata all'epoca anche dal Ministro della difesa italiano Lorenzo Guerini che ora è uno dei principali "falchi" ed ispiratori della campagna antirussa nel governo italiano.

Vorrei notare che nell'inviare la missione umanitaria sugli Appennini, la Russia non è stata guidata dal desiderio di ottenere dividendi di reputazione o di politica estera, ma da un senso di compassione e dal desiderio di venire in aiuto del popolo italiano in uno dei periodi più difficili della sua storia postbellica.

È deludente che ora, sullo sfondo dell'isteria anti-russa, le autorità italiane abbiano improvvisamente dimenticato tutto - i Trattati e gli Accordi bilaterali esistenti, la natura speciale delle nostre relazioni, la ricca storia secolare delle relazioni e le forti tradizioni, l'esperienza di successo della cooperazione, il significativo capitale accumulato di fiducia reciproca - e si siano unite alla più agitata campagna russofoba.

Speriamo che a Roma, come in altre capitali europee, rinsaviscano e ricordino gli interessi fondamentali dei loro popoli e le costanti pacifiche e rispettose delle loro aspirazioni di politica estera. E la loro lotta sfrenata contro tutto ciò che è russo, al limite di un vero e proprio razzismo, lascerà il posto a passi sobri ed equilibrati volti a trovare i modi per garantire la sicurezza e la prosperità di tutto il continente europeo, non solo una parte di esso.

- In risposta alle sanzioni occidentali, alle quali Roma ha aderito, la Russia intende tagliare le forniture di idrocarburi all'Italia?

- La questione delle misure restrittive in risposta alle sanzioni degli Stati Uniti e dell'Unione europea contro la Russia, che sono di portata senza precedenti e illegittime dal punto di vista del diritto internazionale, viene elaborata dal governo russo. Mosca non ha mai usato le esportazioni di energia come strumento di pressione politica. Le compagnie energetiche russe hanno sempre adempiuto pienamente ai loro obblighi contrattuali. Continuano a farlo anche adesso. Sappiamo che gli Appennini sono molto preoccupati per il futuro di queste forniture. Data la notevole dipendenza di Roma dagli idrocarburi russi, che raggiunge il 40-45%, abbandonare i meccanismi di trasporto energetico affidabili che si sono sviluppati in molti decenni avrebbe conseguenze estremamente negative per l'economia italiana e per tutti gli italiani.

Le sanzioni non sono una nostra scelta. Non vorremmo che la logica del ministro dell'economia francese, Bruno Le Maire, che ha dichiarato "guerra finanziaria ed economica totale" alla Russia, trovasse seguito in Italia e provocasse una serie di corrispondenti conseguenze irreversibili.

- Il ministro della cultura francese, Roslyn Bachelot, ha recentemente annunciato su Twitter che stava riducendo i contatti culturali con la Russia. Come si correla questo con la ricca tradizione di cooperazione culturale russo-francese, e quali sono le sue prospettive nel contesto attuale?

- Sì, abbiamo visto il tweet del ministro francese e siamo rimasti abbastanza sorpresi. Ci sono stati momenti difficili nelle relazioni tra la Russia e la Francia; spesso siamo stati profondamente diversi nelle nostre valutazioni dei vari processi mondiali, delle cause e delle origini delle situazioni di crisi, compresa l'attuale grave complicazione delle relazioni tra la Russia e l'Occidente collettivo. Ma i legami culturali sono sempre stati la cintura di sicurezza che ha aiutato a mantenere un ampio dialogo, ad assorbire lo shock degli sconvolgimenti politici stranieri ed a preservare i contatti ed i legami costruiti nel corso dei decenni.

E ora vediamo una strana contraddizione. Da un lato, il presidente francese Emmanuel Macron parla della necessità di continuare e mantenere i contatti interpersonali e la collaborazione umanitaria. Dall'altra parte, il suo ministro Bachelot annuncia la sospensione di tutti gli scambi culturali e invita gli artisti russi a condannare la politica del loro paese.

Crediamo che se Bachelot ha espresso la posizione del governo francese, ha messo in pericolo tutto il potenziale della cooperazione umanitaria bilaterale. Anche il futuro del Forum russo-francese delle società civili "Dialogo del Trianon" avviato dalla parte francese e personalmente dal presidente della Francia è in discussione. Al momento della sua creazione, nel 2017, Macron ha detto che il suo obiettivo era "dare ai nostri giovani, alle figure economiche e culturali e ai pensatori l'opportunità di dialogare, riunirsi e superare le incomprensioni". Sembra che la parte francese abbia perso interesse in questa cooperazione. Bene, traiamo le nostre conclusioni da questo.

Uno dei recenti eventi di alto profilo nei Paesi Bassi è stato l'annuncio da parte del museo olandese Hermitage on Amstel ad Amsterdam di rompere le relazioni con il museo statale Hermitage. Come commenta questa decisione?-

- Nei Paesi Bassi, vediamo uno zelo maniacale per soppiantare tutto ciò che riguarda il nostro paese, da una posizione di presunta superiorità per "punire" la Russia ovunque sia possibile - nell'economia, nei tribunali, nella cultura, anche a livello della vita quotifdiana

Per quanto riguarda l'Hermitage on Amstel, questo museo è stato creato nel 2009 come filiale del Museo Statale Hermitage di San Pietroburgo. Amsterdam è stata scelta perché lo zar Pietro I era stato ad Amsterdam e amava i Paesi Bassi, ai quali il nostro paese è legato da secoli di storia. Sono state le autorità olandesi a chiederci questa iniziativa. Il museo è stato inaugurato con una grande risposta positiva, con la regina Beatrice dei Paesi Bassi che ha partecipato alla cerimonia. Durante la pandemia, la gente di Amsterdam ha fatto un crowdfunding di oltre un milione di euro per sostenere l'istituzione, costringendo anche il governo ad essere coinvolto. E bisogna dire che l'Hermitage di Amsterdam era in effetti uno dei migliori musei del regno. Nel breve periodo della sua esistenza è stato visitato da circa 10 milioni di persone.

Non dobbiamo addolorarci, perché chiudendo questa "finestra" alla Russia, gli olandesi puniscono solo se stessi e perdono un'enorme opportunità generosamente data loro dal nostro paese, rifiutano di partecipare alle attività comuni in occasione del 350° anniversario della nascita di Pietro il Grande e distruggono i risultati di molti anni di fruttuosa cooperazione tra musei.

Ma non c’è male senza bene - lasciamo che vengano da noi se vogliono. Gli olandesi dovrebbero anche ricordare che è facile interrompere le relazioni, ma non sarà così facile ripristinare il livello precedente.

- In relazione alla situazione in Ucraina, il ministro della difesa spagnolo Margarita Robles ha annunciato un aumento del contingente spagnolo nella base militare di Adazi in Lettonia, a 120 chilometri dal confine russo, come parte della missione NATO "presenza avanzata rafforzata".

- Stiamo seguendo questa vicenda da vicino. Questo passo di Madrid evoca associazioni involontarie con la decisione spagnola di formare la "Divisione Blu" durante la seconda guerra mondiale, che combatté nelle file della Wehrmacht e prese parte all'assedio di Leningrado. Per inciso, l'attuale leadership spagnola non ha mai messo in discussione il fatto che la partecipazione spagnola alla seconda guerra mondiale a fianco della Germania nazista sia stata una pagina vergognosa nella storia del paese. Spero che Madrid sperimenti anche questa volta la "vergogna storica" per le sue decisioni avventate e molto pericolose.

- Recentemente, in Portogallo sono circolate voci sulla presunta imminente rottura delle relazioni diplomatiche con la Russia. In particolare, l'ambasciatore ucraino a Lisbona Inna Ognivec parla di un tale sviluppo. Qual è la posizione delle autorità portoghesi?

- È un peccato che il mainstream dell'informazione portoghese raccolga le tesi di funzionari ucraini di medio livello che hanno l'idea più approssimativa dell'etica professionale e della decenza diplomatica e sono pronti a strisciare davanti a chiunque per raggiungere i loro obiettivi antirussi e neonazisti.

Non credo che rompere le relazioni con la Russia sarebbe in linea con la politica estera portoghese, che è sempre stata caratterizzata da equilibrio, lungimiranza e considerazione di tutte le parti. Dopotutto, non è casuale che il rappresentante portoghese che abbiamo sostenuto un tempo sia alla guida dell'ONU come segretario generale dell'organizzazione mondiale.

Inoltre, i portoghesi dovrebbero ricordare le lezioni della loro storia recente. In particolare il fatto che il paese si è liberato dalla brutale dittatura fascista di António de Salazar solo nel 1974. Chissà se i portoghesi siano impressionati dal fatto che, solidarizzando con il regime filonazista e russofobo di Kiev, tradiscono la memoria della lunga lotta dei loro compatrioti contro una dittatura che ha portato molta sofferenza al popolo portoghese.

- In relazione alla situazione in Ucraina, l'ambasciata russa in Vaticano è stata visitata personalmente da Papa Francesco alla fine di febbraio. Di cosa ha parlato con l'ambasciatore russo? Quali accordi sono stati raggiunti?

- La visita del Papa all'ambasciata russa è un gesto senza precedenti con cui il Pontefice ha mostrato un'attenzione speciale alla questione ucraina. Allo stesso tempo, e questo è importante, vediamo in esso una conferma da parte di Papa Francesco della natura amichevole e fiduciosa delle relazioni tra la Russia e la Santa Sede.

È indicativo che il pontefice, a differenza di molti leader dei paesi occidentali, non abbia dato subito giudizi affrettati, poiché, come ha detto, potrebbero essere imprecisi, ma ha mostrato un sincero interesse a capire, per quanto possibile, la situazione in Ucraina e farsi una propria opinione. L'ambasciatore Aleksandr Avdeev ha parlato in dettaglio a Papa Francesco delle cause profonde del conflitto ucraino, del disastro umanitario creato dalle nuove autorità di Kiev nell'Ucraina orientale, del genocidio degli abitanti della regione. E questo per il fatto che la gente chiedeva l'autonomia culturale e amministrativa ed il diritto di parlare nella propria lingua. Si è parlato anche delle organizzazioni neonaziste legalizzate in Ucraina che hanno le loro unità paramilitari e dei piani delle autorità ucraine di costruire armi nucleari

In questa fase, i contatti con il Vaticano continuano. Apprezziamo le ripetute offerte dei nostri partner vaticani di mediare in qualsiasi formato nel dialogo tra la Russia e le autorità ucraine. Vorrei sottolineare che grazie alle tempestive informazioni ricevute dalla direzione del Vaticano, il 10 marzo è stata effettuata un'operazione umanitaria per evacuare più di 50 orfani da un orfanotrofio nella periferia di Kiev. È anche importante che il Vaticano non esiti a chiedere che Kiev smetta di bloccare l'apertura di nuovi corridoi umanitari e di impedire il ritiro dei civili dalle zone di battaglia.

- La lista dei paesi ostili include anche i tradizionalmente neutrali Malta, San Marino, Monaco e Andorra.

- Comprendiamo che Malta, come membro dell'Unione Europea, ha aderito alle sanzioni anti-russe imposte dalla UE in modo piuttosto involontario. Notiamo che La Valletta non ha proposto proattivamente nuove restrizioni, limitandosi ad adottare quelle a livello europeo. Tuttavia, sta diventando chiaro che l'adesione di Malta alla UE, che implica l'adesione alla "linea generale" di Bruxelles, è sempre più in contrasto con il suo principio costituzionale di neutralità.

Come per San Marino, Monaco e Andorra, la neutralità ha permesso a questi paesi di trasportare nella storia la loro sovranità, il loro modo di vivere e di pensare. È ciò che ha permesso loro di sopravvivere al feudalesimo e a due guerre mondiali. È noto come, per esempio, i San Marinesi siano orgogliosi di vivere nel più antico stato democratico d'Europa e di perseguire un corso indipendente in politica estera. I monegaschi hanno potuto mantenere la loro lingua e la loro identità nonostante la loro vicinanza alla Francia e all'Italia.

L'interazione con loro si è sviluppata in modo estremamente dinamico negli ultimi anni. Lo scorso maggio ha visto la prima visita in Russia dopo molto tempo del ministro maltese degli affari esteri ed europei, Evariste Bartolo. Nel 2019 e nel 2021, i ministri degli Esteri hanno scambiato visite ufficiali con San Marino. Nel dicembre 2020, è stato firmato un accordo con San Marino sull'abolizione delle formalità di visto e con Monaco sul riconoscimento reciproco dell'istruzione; nel dicembre 2019 con Andorra sulle condizioni di esenzione dalle formalità di visto per i viaggi reciproci dei cittadini dei due paesi.

Nella situazione attuale, i dirigenti di San Marino, Monaco e Andorra hanno ceduto alla pressione informativa esercitata dall'Occidente e ci hanno imposto delle sanzioni. Purtroppo, da parte dei leader di questi paesi non c'era il desiderio di capire la posizione russa e le ragioni degli attuali eventi in Ucraina, che hanno portato a una violazione dei loro principi costituzionali e politici e diplomatici.

Tutta la responsabilità delle conseguenze e delle opportunità di cooperazione non realizzate ricade interamente sui leader di questi paesi.

 

https://ria.ru/20220319/paramonov-1778875151.html

 

 

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