KIEV, LA NUOVA "STALINGRADO" DELLA RUSSIA
Dal nostro corrispondente a Kiev
Il 21 novembre 2013 Kiev ha sospeso la stesura dell’accordo di associazione UE-Ucraina. Tale è stata la decisione del Gabinetto dei Ministri dell’Ucraina. Inoltre, sono state date istruzioni ai ministeri competenti per riprendere il dialogo con i Paesi membri dell’Unione Doganale1.
Era impossibile non prevedere, come reazione a
questo preciso atto politico, un’esplosione di protesta da parte, soprattutto,
dei sostenitori dell’integrazione europea. Da quella data, manifestazioni di
massa si susseguono quasi ininterrottamente nella piazza centrale di Kiev, la
piazza Maidan, soprannominata “Euromaidan” in una specie di riedizione della
“rivoluzione arancione” del 2004.
Il concetto di “rivoluzione colorata” non va
equivocato, la piazza Maidan non è stata “invasa” da istigatori stranieri. Le
rivoluzioni colorate, infatti, spesso incorporano sacche di malcontento reale
tra la popolazione, ma va detto però, che vengono favorite dall’azione di
organismi ambigui, come fondazioni private, Ong, associazioni che operano
apparentemente nel campo dell’umanitario e dei diritti umani.
A distanza di nove anni esatti l’Ucraina si trova
a rivivere lo stesso momento di turbolenza, sostanzialmente sempre per il
medesimo motivo: la presenza nel Paese di due posizioni diverse che non
riescono a conciliare le loro istanze, oltre alla cronica mancanza di
determinazione, da parte dei vari governi, d’individuare un chiaro percorso
univoco. Di fatto, tale inerzia destina il Paese ad una costante oscillazione
verso i due orientamenti presenti: l’Europa da una parte, la Russia dall’altra
senza mai arrivare a una posizione risolutiva.
L’economia ucraina sta già vivendo momenti
difficili, il Pil è in continua diminuzione, l’enorme debito pubblico sta
strangolando il Paese… Il Paese ha un disperato bisogno di assistenza
finanziaria esterna; nonostante ciò, saggiamente, il governo ucraino ha però
ritenuto che firmare l’accordo per istituire una zona di libero scambio con
l’Unione Europea avrebbe portato ad un aggravamento della situazione economica
del Paese. La stessa UE, a sua volta, non sta vivendo momenti particolarmente
facili, al suo interno vanno sempre più accumulandosi tensioni per nulla
rassicuranti sulla sua integrità, e, fatto ancor più grave, non esiste una
reale visione di come fermare questo processo degenerativo.
L’Ucraina ha frontiere aperte con la Russia, le
due popolazioni si muovono liberamente attraverso il confine. L’abolizione dei
dazi tra UE ed Ucraina provocherebbe un grande afflusso di prodotti europei sul
mercato russo a prezzi non gravati dai dazi, rendendo così necessario, da parte
russa, l’introduzione di misure protettive nei confronti dell’Ucraina. Per di
più, la UE ha tutta una serie di norme che rendono i prodotti ucraini inadatti
alla vendita e al consumo in Europa. Tutto ciò comporterebbe gravi perdite per
la già provata situazione economica del Paese, anche in considerazione del
fatto che l’accordo di libero scambio con la UE escluderebbe i prodotti
agricoli, che per l’Ucraina rappresentano una delle maggiori merci di
esportazione.
L’industria ucraina, nonostante il suo grande
potenziale economico2, non è competitiva con quella dei Paesi
europei. L’accordo di adesione con la UE provocherebbe un ulteriore peggioramento
della bilancia commerciale del Paese. Tale impatto colpirebbe maggiormente le
regioni orientali, polmone industriale dell’Ucraina. Oltre a ciò, il Paese non
dispone affatto dei fondi necessari, stimati dagli analisti economici ucraini
intorno ai 150 miliardi di dollari (che nessuno in Europa pagherà mai), per
allineare l’industria nazionale agli standard europei3.
Ai tempi dell’URSS, quando la Russia e l’Ucraina
formavano un unico Paese, insieme costruivano navicelle spaziali per la
conquista del cosmo; nella cornice dei programmi di cooperazione economica e
scientifica con l’URSS, l’Ucraina arrivò ad avere un ruolo di fucina nel campo
delle scienze e della tecnica, e di base per la realizzazione di grandi
complessi industriali: nell’elettronica, nella produzione missilistica e nella
cantieristica navale4… ora la situazione è decisamente diversa.
Col passare dei giorni le proteste in piazza
Maidan si sono progressivamente rafforzate assumendo l’aspetto di un serbatoio
carico di rancori e di rivendicazioni: dall’adesione all’UE, fino alla
destituzione del presidente Victor Janukovič e del primo ministro Mykola
Azarov, con la richiesta di nuove elezioni. Il denominatore comune che anima la
protesta è un palese sentimento anti-Russia.
Altrettanto variegata è la composizione dei
manifestanti: dagli ultranazionalisti, fino ad esponenti dei movimenti
liberali, filooccidentali, che montando tende e bivacchi hanno occupato
stabilmente piazza Maidan sbarrandone gli accessi con barricate. La maggior
parte di loro provengono dalle zone occidentali del Paese; nei giorni festivi,
si uniscono a loro anche gli abitanti di Kiev di orientamento filoeuropeo. Non
è mancata, nel Parco Mariinskij, pochi minuti a piedi da piazza Maidan, una
contromanifestazione a difesa delle scelte del presidente Janukovič.
Non è difficile individuare, tra i manifestanti,
quelle fascia sociale di popolazione più povera, che in caso di una reale
integrazione europea dell’Ucraina, verrebbe immediatamente spazzata via in una
ancor più grave povertà. I manifestanti continuano a invocare l’Europa come se
si trattasse di una specie di Eden. Purtroppo è una convinzione che nasce più
da fattori emotivi, di tipo russofobo, che da reali motivi, invece, di tipo
economico in base alle reali prospettive che una possibile integrazione europea
comporterebbe per tutta la popolazione.
In piazza, al di là degli slogan d’effetto,
urlati dai vari relatori che si susseguono sul palco, inneggianti alla patria,
al nazionalismo, agli eroi ucraini… non si sentono discorsi programmatici che
possano evidenziare, invece, quali gli effetti concreti di tale integrazione
valutati senza pregiudizi o preconcetti ideologici. È paradossale il fatto che,
in Ucraina, coloro che si definiscono “nazionalisti” ambiscano così vivamente
all’integrazione con l’Europa, inconsapevoli, “forse”, che per la loro amata
patria significherebbe immediatamente la perdita di sovranità.
In piazza si vedono sventolare insieme le
bandiere dell’Ucraina con le bandiere blu-stellate dell’Unione Europea, mescolandosi
con le bandiere del partito di estrema destra Svoboda e con quelle
rosse e nere dell’UPA (Ukrains’ka Povstans’ka Armija, l’Esercito
Patriottico Ucraino che all’inizio della Seconda Guerra Mondiale accolse come
liberatori i soldati tedeschi). Il gigantesco albero di Natale presente in
piazza è stato tappezzato da una gigantografia di Julija Timošenko, l’”eroina”
dei manifestanti.
I leader che organizzano la protesta in piazza
sono: Arsenij Jacenjuk ex-Governatore della Banca Nazionale dell’Ucraina ed
ex-Ministro dell’Economia, leader del partito della Timošenko Unione
di Tutti gli Ucraini “Patria”; Oleg Tjagnibok leader del partito
ultranazionalistico di estrema destra “Svoboda” (Libertà); ma la star
indiscussa di questo sodalizio è certamente Vitalij Kličko il pugile campione
dei pesi massimi, leader del partito Udar (Alleanza
democratica ucraina per le Riforme).
Dall’Occidente, com’era logico attendersi, non
sono tardate brusche reazioni alla decisione del presidente Janukovič. A
Washington il rifiuto di Kiev alla firma dell’accordo di associazione con la UE
è stato percepito come un duro colpo alla politica estera americana in Europa e
in Eurasia. Negli Stati Uniti, si è addirittura parlato di mettere sotto
sanzioni il presidente Janukovič e la sua famiglia. Le scelte delle autorità di
Kiev collocherebbero il Paese, secondo i promotori di tale iniziativa, nella
lista americana degli “stati canaglia”.
La cancelliera tedesca Angela Merkel, più
prudente ed esitante nell’alimentare un possibile scontro polemico con Putin,
saggiamente, considerando il poderoso volume d’affari tedesco con la Russia, ha
invitato i suoi colleghi europei ad avviare “intense trattative” con Mosca. La
Lituania, al contrario, attualmente alla presidenza dell’UE, ha esortato tutti
gli Stati membri a sporgere una categorica condanna della “pressione
imperialista” sull’Ucraina, invitando poi il popolo ucraino a proseguire nelle
sue aspirazioni europee, nonché di condannare la posizione dell’attuale
dirigenza ucraina che, secondo Vilnius, agirebbe contro agli interessi del
proprio popolo.
In una dichiarazione congiunta del presidente del
Consiglio europeo Herman Van Rompuy e del presidente della Commissione europea
José Manuel Barroso si è parlato di “pressioni esterne sull’Ucraina”. Il
Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha sollecitato i suoi colleghi
europei dichiarando che “la pressione economica e politica della Russia nei
riguardi dei nostri partner orientali è semplicemente inaccettabile”.
Rispondendo a questa serie d’insinuazioni, il rappresentante permanente della
Russia presso la UE Vladimir Čižov ha precisato che se le relazioni della
Russia con l’Ucraina fossero veramente “pressioni”, allora le azioni
dell’Unione Europea nei confronti di Kiev potrebbero essere paragonate a “un
rullo compressore”5.
L’Occidente ha cominciato a mandare a Kiev i suoi
emissari per incoraggiare i manifestanti a continuare la loro protesta e per
chiedere le dimissioni del presidente Janukovič. Catherine Ashton, il capo
della diplomazia europea, precipitandosi a Kiev, ha incontrando i leader dell’opposizione
ed ha criticato le azioni delle autorità ucraine6. Anche il senatore
americano McCain si è mosso alla volta di Kiev. Incitando i manifestanti in
piazza Maidan ha promesso pieno sostegno alle proteste filo-UE, dichiarando:
“La vostra protesta pacifica sta ispirando il Paese e il mondo. L’Ucraina
renderà migliore l’Europa, e l’Europa renderà migliore l’Ucraina”. McCain ha
poi aggiunto: “L’America è con voi”7.
Pochi giorni prima, a Kiev, era giunta anche la
viceministra degli esteri americana, Victoria Nuland, per biasimare le autorità
ucraine. Secondo la Nuland “il mondo intero sta guardando con attenzione ciò
che sta accadendo in Ucraina”. La Nuland ha inoltre affermato che le autorità
del Paese devono fare una scelta: o “soddisfare le aspettative della gente” o
“deluderle e rischiare di far sprofondare il Paese nel caos e nella violenza”8.
Gli USA e la UE, arrogandosi il diritto d’interferire apertamente negli affari
della politica interna del Paese, hanno umiliato la sovranità nazionale
dell’Ucraina. Si tratta d’ingerenze gravi, addirittura impensabili se proviamo
a capovolgere la situazione: immaginiamo disordini nelle piazze europee e
personaggi politici, ad esempio russi, in soccorso alle richieste dei
manifestanti.
Andiamo ora al punto cruciale della questione: al
di là delle ragioni di tipo politico-economico, sullo sfondo di questa
intricata faccenda si muovono ben precisi interessi di natura geopolitica.
Nonostante non se ne senta parlare, il vero retroscena consiste nell’obiettivo,
da parte occidentale, di trasferire nella propria orbita, sottraendoli
all’influenza russa, 50 milioni di ex-sovietici. Questo fatto comporterebbe un
colpo durissimo alla strategia di Putin che sta invece puntando tutto sulla sua
Unione Doganale con Bielorussia e Kazakhstan, consapevole che senza l’Ucraina
questa unione sarà imperfetta.
Il mainstream occidentale eclissa il
fatto che l’entrata dell’Ucraina nell’Unione Europea implicherebbe a breve anche
un’adesione del Paese all’Alleanza atlantica. Ma la retorica europeistica può
ben sottostare anche agli obiettivi espansionistici della Nato. Ancora prima di
McCain, è stata la stessa Nato ad esercitare pressioni sul governo ucraino. Il
numero due dell’Alleanza atlantica, il Generale Alexander Vershbow, al termine
dell’incontro annuale della Commissione bilaterale Nato-Ucraina aveva già
dichiarato che “il futuro dell’Ucraina è nella UE” e che la Nato continuerà a
guardare con molta attenzione l’evolversi delle manifestazioni pro-UE di Kiev9.
L’ammonimento, sempre della stessa Nato, riguardo
alla questione ucraina è palese: “L’Ucraina si trova ad un bivio nelle sue
relazioni con l’Alleanza atlantica. È arrivato il momento di scegliere tra
l’adesione alla Nato, che offrirebbe all’Ucraina la possibilità di divenire uno
stato europeo “civilizzato”, protetto dalle minacce alla propria sovranità e
sicurezza nazionale, oppure la rinuncia alle sue aspirazioni d’integrazione
euro-atlantica, con risultati meno chiari”10 (sarebbe interessante
sapere cosa s’intenda con stato europeo “civilizzato” in questa dichiarazione).
L’Ucraina è attualmente legata alla Nato da un
patto di partenariato ormai decennale; ora l’obiettivo consisterebbe
nell’annettere in maniera definitiva quest’area di grande rilievo strategico
per l’apparato militare USA in Europa. L’ingresso della Nato in Ucraina
modificherebbe, in modo radicale, tutti i rapporti di forza e i principi della
sicurezza comune. L’Alleanza atlantica si troverebbe a un passo da Mosca. Con
basi navali in Ucraina, la US Navy arriverebbe a controllare quasi
tutto il Mar Nero riuscendo, in tal modo, ad esercitare una grave pressione
militare contro la Russia. Alla Russia rimarrebbe solo il porto sul Mar Nero di
Novorossijsk; perderebbe, infatti, la base navale di Sebastopoli con tutta la
sua gloriosa storia.
L’Ucraina servirebbe anche come base
missilistica. Agli inizi di novembre, il segretario di Stato americano Kerry ha
ribadito che lo “scudo anti-missile”, in Europa, verrà comunque realizzato11
nonostante la contrarietà della Russia. Sulla questione ucraina Mosca non può
permettersi di cedere, qui si gioca la sua odierna “Stalingrado”:
indietreggiare, non si può!
Non a caso, in questa situazione in bilico, Putin
è passato al contrattacco con una mossa preventiva. Ha accettato di comprare 15
miliardi di bond ucraini in Euro e di tagliare il prezzo del gas naturale di un
terzo12. In termini pratici significa salvaguardare l’Ucraina dal default,
e salvare la popolazione da un’imminente disoccupazione di massa. Al di là
delle promesse di aiuto europee e americane, fatti alla mano, solo la Russia è
disposta, oggi, a pagare il conto, in denaro, per salvare l’Ucraina, come nella
Grande Guerra Patriottica è stata pronta con il sangue dell’Armata Rossa a
respingere gli invasori fino a Berlino.
Tuttavia, è improbabile che la Nato consideri
chiusa la partita e rinunci a destabilizzare il Paese. Il fatto più importante
è che questa mossa da Guerra Fredda cambierà d’ora in avanti i rapporti tra
Russia ed Europa. La Nato è già penetrata all’interno dell’ex-URSS nelle
Repubbliche baltiche; nonostante ciò, cavalcando la crisi ucraina aspira a
penetrare in profondità nel ventre della Russia. Se pensiamo che questa mossa
lasci indifferenti i russi, allora ci sbagliamo. Qui non si parla di un sistema
europeo comune di sicurezza collettiva, qui si sta cercando d’imporre alla
Russia di cedere la propria sicurezza all’Occidente. La Russia risponderà
adeguatamente a questo “errore” dell’Europa13.
Guardando all’Ucraina, si deve tener presente il
suo profondo legame storico, culturale, religioso con la Russia. Questo legame
va rispettato. Raramente al mondo esistono popoli “fratelli” cosi fortemente
intrecciati come i russi e gli ucraini. Quasi tutte le famiglie ucraine hanno
parenti russi. Nell’Ucraina orientale e meridionale come in Crimea si continua
a parlare russo. La Russia ortodossa è nata a Kiev. Russi e ucraini (anche
bielorussi) sanno che la loro storia è iniziata in comune verso la fine del IX
secolo con la Rus’ di Kiev (Kievskaja Rus’), il principato
slavo-varjago con capitale Kiev sorto sulla rotta commerciale sfruttata dai
varjaghi. Sempre a Kiev nel 988, su esortazione del Principe Vladimiro il
Santo, con un battesimo di massa nel Dnepr la Rus’ divenne cristiana.
La maggioranza degli europei occidentali ha una
conoscenza piuttosto limitata dell’Ucraina. Non c’è la percezione di una storia
comune condivisa. Questo atteggiamento, ovviamente, non vale per i russi. Dal
punto di vista di Mosca e di quasi tutti i russi, come pure degli ucraini
russofoni che vivono nelle regioni orientali dell’Ucraina, la collocazione
geopolitica di Kiev è con Mosca. Per loro, una “frontiera” che separi
nettamente, militarmente, i due Paesi equivarrebbe ad una lacerazione della
Grande Madre Russia, di uno spazio percepito, non solo geograficamente, ma
anche storicamente e spiritualmente in comune. Quindi, per capire lo sgomento e
le reazioni da parte russa, alla possibile integrazione UE-Nato, definite dai
politici europei “pressioni” russe nella politica ucraina, è indispensabile
valutare questo parallelismo, questa similitudine storica culturale e
spirituale dei due Paesi.
L’Ucraina è un Paese che ci appare “diviso”, tra
una parte occidentale e una parte orientale-meridionale. Ad un Ovest
ucrainofono, prevalentemente agricolo e terra d’immigrazione verso l’Europa, si
contrappone un Est russofono e fortemente industrializzato. Per tutta una serie
di ragioni storiche, la parte occidentale, con il suo epicentro nella città di
Lviv, è nazionalista, russofoba, culturalmente, ideologicamente, tesa verso
l’Europa. L’altra parte, quella orientale e meridionale, come pure la Crimea,
continua a percepirsi profondamente legata alla Russia. Coerentemente, parlare
in Ucraina d’”identità nazionale”, significa soprattutto parlare di
“contrapposizione o continuità”, di “diversità o fratellanza” con la Russia.
L’ingerenza europea occidentale nelle questioni
interne ucraine non ha fatto altro che inasprire questa contrapposizione, una
scelta irresponsabile, che ha ulteriormente spaccato il Paese. Se questi
contrasti non verranno presto appianati, si corre seriamente il rischio che
l’Ucraina si possa “balcanizzare” con delle gravissime conseguenze militari,
politiche, economiche… I manifestanti filoeuropei galvanizzati dal “supporto”
euro-occidentale, pur di raggiungere i loro obiettivi ideologici sembrano
determinati ad ignorare qualsiasi forma di buonsenso, come qualsiasi soluzione
negoziata.
L’Europa ha forzato la mano e Mosca non resterà a
guardare. Resta comunque da capire cosa succederà nei prossimi mesi; sta di
fatto che Putin, secondo “fonti di sicurezza” citate dal quotidiano tedesco Bild,
ha installato diverse batterie di missili a corto raggio Iskander-M
per testate atomiche al confine con l’Unione Europea. I vettori, secondo il
giornale tedesco, sono stati schierati sia nell’enclave russa di Kaliningrad,
sia lungo il confine occidentale della Russia con Estonia e Lettonia. Le
immagini satellitari indicano che si tratta di missili SS-2614.
Giorni difficili continuano ad annunciarsi per
l’Ucraina. La partita attorno al futuro orientamento del Paese è solo
all’inizio e la posta in gioco è molto alta. Di certo le scelte che l’Ucraina
affronterà nei prossimi mesi si riveleranno cruciali per molti decenni a venire
non solo per il Paese ma per tutto il continente euroasiatico.
Eliseo Bertolasi è ricercatore associato dell'IsAG.
1. http://italian.ruvr.ru/2013_11_21/Kiev-sospende-il-ravvicinamento-con-l-UE/
2. http://www.geopolitica-rivista.org/21851/le-potenzialita-economiche-dellucraina/
3. http://www.fondsk.ru/news/2013/12/06/na-chto-rasschityvaet-zapad-v-svoej-ukrainskoj-politike-24423.html
4. http://www.eurasia-rivista.org/lidentita-ucraina-intervista-a-petr-simonenko/12534/
5. http://www.fondsk.ru/news/2013/12/06/na-chto-rasschityvaet-zapad-v-svoej-ukrainskoj-politike-24423.html
6. http://italian.ruvr.ru/2013_12_11/Rappresentante-UE-ha-incontrato-opposizione-ucraina/, http://italian.ruvr.ru/2013_12_11/Nel-centro-di-Kiev-nuove-barricate/
7. http://it.euronews.com/2013/12/15/ucraina-mccain-supporta-l-opposizione-in-piazza-indipendenza
8. http://italian.ruvr.ru/2013_12_05/Gli-USA-minacciano-lUcraina/
9. http://it.euronews.com/2013/12/10/nato-il-futuro-dell-ucraina-e-nell-ue/
10. http://www.nato.int/docu/review/2007/issue2/italian/art2.html
11. http://it.euronews.com/2013/11/05/polonia-kerry-ribadisce-lo-scudo-antimissile-si-fara/
12. http://ria.ru/economy/20131223/985864117.html
13. http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/06/rapporti-ue-russia-ad-alto-rischio/766521/
14. http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/14/russia-bild-schierati-missili-atomici-al-confine-con-ue/813571/
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