venerdì 20 dicembre 2013



"In Ucraina c'è stata un'aggressione dell'occidente alla Russia". Giulietto Chiesa

"L'Europa ha scelto di aprire una crisi gravissima, che non tiene conto della storia"


di Alessandro Bianchi (con la preziosa collaborazione del Prof. Paolo Becchi)
 

Per descrivere la gravità di ciò ch’è avvenuto basti pensare, come ipotesi scolastica, ad un semplice esempio. Immaginiamo che la Lega Nord in Italia raggiungesse il 40% dei voti e fosse il principale partito dell'opposizione. Potremmo noi accettare tranquillamente, senza protestare, che Francia, gran Bretagna, Stati Uniti, Bangladesh e altri inviassero a Milano decine di alti rappresentanti politici, diplomatici per incitare il Nord alla secessione? Ovvio che considereremmo un tale atteggiamento una patente provocazione e una violazione di ogni norma di correttezza internazionale. Evidente ingerenza dall’esterno negli affari interni del nostro paese. Eppure l’Europa ha fatto esattamente questo con l’Ucraina. E il senatore americano McCain
 

  - Come uscirà l'Europa dalla crisi ucraina? 


  Ad un forum russo-europeo a cui ho partecipato recentemente a Bruxelles, una ricercatrice dell'Istituto degli affari internazionali di Mosca ha fatto un intervento illuminante per comprendere le implicazioni possibili della crisi ucraina. All'inizio pensavo fosse quasi una battuta, ma diceva cose molto serie quando ha invitato pubblicamente il presidente Putin ad assecondare le richieste di Polonia e dei paesi baltici, ripudiando finalmente il trattato Ribbentropp-Molotov, che precedette la seconda guerra mondiale. Le frontiere dell'Ucraina tornerebbero alla fase precedente, la Galizia tornerebbe in Polonia entrando in Europa, come chiede, legittimamente di poter fare. Tuttavia si creerebbe  un problemino tra due paesi europei:  infatti anche un terzo della Lituania, compresa la capitale Vilnius, tornerebbe in Polonia. Ci rendiamo conto della posta in gioco nel voler forzare la mano in questa questione? Da questa crisi l'Europa subirà inevitabilmente una grave sconfitta ed un peggioramento dei rapporti con la Russia. E' inevitabile se si continua a pagirare su questi tasti.  E la colpa sarà di politici come il presidente della Lituania e di Angela Merkel che hanno voluto forzare la rivolta.   


  - Riuscirà, secondo Lei, il presidente Yanukovich nel brevissimo periodo a destreggiarsi tra i due fuochi del progetto di Unione doganale di Putin e quello dell'Unione Europea, evitando un peggioramento della crisi?  

   Non lo so. Credo che la situazione sia ancora estremamente tesa e pericolosa. Yanukovich punterà a vincere le prossime elezioni attraverso il sostegno dei russofoni. Se dall'Europa si deciderà di soffiare sul fuoco, la crisi è ad un livello tale che può preludere all'inizio di un conflitto interno all’Ucraina. Mi auguro di no, chiaramente, ma è il quadro che si delinea attraverso una forzatura prolungata della situazione. Il presidente ucraino se ne torna a Kiev da Mosca con un pacchetto di risultati considerevoli. Però, non bisogna dimenticare che – come ha reso noto Putin -  durante i colloqui non è stata affrontata la questione dell’ingresso dell’Ucraina nell'Unione doganale con Russia, Bielorussia e Kazakistan. Il negoziato è servito solo a fronteggiare l'emergenza e dare respiro al paese. Non è escluso che Putin abbia offerto a Yanukovich la possibilità di prendere tempo, senza forzare una decisione immediata. Si tratterebbe di una posizione ragionevole, che permetterebbe al presidente ucraino di presentarsi alle elezioni con una posizione neutrale tra i due blocchi. Una posizione accettabile sia per gli ucraini di lingua russa sia per gli altri che si sentono più vicini all'Europa. Sono stato più volte in Ucraina lo scorso anno ed ho sostenuto, in una serie di incontri ed interviste, come il paese dovrebbe prendere due provvedimenti immediati: in primo luogo, Kiev dovrebbe dichiarare che non entrerà in ogni caso nella Nato. Sarebbe  un gesto molto forte.


In secondo luogo, dovrebbe affermare che intende mantenere buoni rapporti con la Russia e con l'Europa. In seguito, dovrebbe stipulare accordi favorevoli con entrambe le due realtà doganali. Ne trarrebbe solo vantaggi, economici e politici. Perché non pensare ad un'Ucraina che per il suo passato, la sua storia, cultura e posizione, resti un paese neutrale, con un rapporto di buon vicinato con entrambi i grandi vicini? Sarebbe il tipo di politica estera che una Unione Europea ragionevole dovrebbe perseguire ed una soluzione che a Putin non dispiacerebbe. 


  - Qual è la peggiore ipotesi di escalation del conflitto possibile? 


  Lo scrive oggi (mercoledì, ndr) anche il New York Times: se l'Ucraina dovesse entrare nel blocco occidentale, Mosca prenderà misure di ritorsione sia militari che economiche. Ho letto una parte  delle oltre 900 pagine del documento che si sarebbe dovuto firmare a Vilnius. Prevedevano scelte molto drastiche, con  le imprese ucraine costrette a rompere qualsiasi legame con quelle russe. Tutte le esportazioni alimentari ucraine verso la Russia avrebbero avuto  seri ostacoli, in quanto l’Ucraina avrebbe dovuto cambiare il regime di tassazione, di controlli sanitari, di parametri tecnici di verifica delle merci: tutte modifiche costose a carico di ucraini e russi. Il cambio di campo dell’Ucraina modificherebbe completamente i rapporti economici e commerciali con la Russia, che sono oggi assolutamente prevalenti. Proviamo a metterci nei panni della Russia. Qualunque paese, in una tale situazione, sarebbe perfino costretto a prendere contromisure.  


  - La scelta occidentale di forzare la situazione in Ucraina può essere letta come il tentativo degli Stati Uniti di mandare un messaggio chiaro alla Russia su altri fronti, soprattutto per quel che riguarda il Medio Oriente?
   Le strategie delle grandi potenze non sono mai monodimensionali. Ci sono tanti fronti che sono aperti simultaneamente e si influenzano vicendevolmente. Magari c'è stata una certa autonomia europea in Ucraina, ma una parte della sua azione dipende da obiettivi strategici e geopolitici che gli Stati Uniti stanno perseguendo: non c'è il minimo dubbio a proposito. La teoria di Brzezinski sull'accerchiamento progressivo della Russia non è mai stata abbandonata: gli europei sono soggetti che seguono ed eseguono queste direttive. La crisi dell'Ucraina è un grande gioco sporco. Non c'era alcun bisogno in questo momento di accelerare sulla questione dell’accesso all’Unione Europea, ed esiste il rischio che anche in Georgia (che invece ha firmato) le tensioni si possano a breve accentuare. 


  - L'amicizia personale di Silvio Berlusconi con Putin è stata una assoluta peculiarità nei rapporti del presidente russo con un leader europeo. Si può dire a distanza di qualche anno che i progetti energetici dell'ex premier italiano possano aver dato fastidio a qualcuno? 


    Non è certo un grande statista, ma Berlusconi aveva capito che tutta la politica americana verso la Russia non era in linea con il perseguimento dei suoi obiettivi. La sua politica estera è così entrata in collisione con Washington. Come la Germania era riuscita a bypassare Polonia e le repubbliche baltiche, facendo arrivare il gas russo in modo diretto attraverso il  North Stream, il progetto di Berlusconi con il South Stream era quello di collegare il sud dell'Europa al gas russo aggirando l'Ucraina. “Un giorno l'Europa mi sarà grata perché l'energia arriverà attraverso le vie che ho aiutato ad aprire”, aveva dichiarato Berlusconi, che si candidava a divenire un partner privilegiato di lungo periodo con la Russia. Questo ha dato fastidio. Se si vuole una contrapposizione tra Russia ed Europa, si deve trovare il modo di impedire che i russi vendano il gas all'Europa. In tal modo non solo si allenta la cooperazione tra Europa e Russia, ma si costringe l’Europa a comprare l’energia che arriverà dagli Stati Uniti, nel frattempo divenuti nuovamente esportatori di gas.


Gas molto più economico di quello russo, ma proveniente dagli scisti bituminosi, che sono devastanti per il riscaldamento climatico e per gli equilibri ecologici. Più energia ai danni dell’ecosistema. E un’Europa sempre più incatenata al carro americano. Poveretti gli ucraini.



 



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