martedì 25 luglio 2017

«Per Putin l’Europa è un partner naturale. Ma è il rispetto ciò che si attende»





Ragaglini: «Per Putin l’Europa è un partner naturale. Ma è il rispetto
ciò che si attende»

L’ambasciatore a Mosca: «Ha risollevato il Paese. Dopo l’implosione dell’Urss, la Russia si è trovata sull’orlo del fallimento, depredata delle sue risorse»

«Penso che il presidente Putin veda nell’Europa un partner naturale. La cosa che lui e i russi si aspettano dalla comunità internazionale è il rispetto. Non è solo una questione sentimentale. In realtà racchiude una parabola. Dopo l’implosione dell’Urss, la Russia si è trovata sull’orlo del fallimento, depredata delle sue risorse, destabilizzata, indebolita militarmente, privata del suo status di grande potenza, dominata da un senso generale di insicurezza. Putin ha risollevato il Paese e dopo la crisi ucraina, vissuta come l’ultima umiliazione, ha tracciato una linea rossa».

Cesare Ragaglini è uno dei migliori diplomatici italiani. Sessantaquattro anni, laureato in Scienze politiche alla Cesare Alfieri a Firenze, in carriera dal 1978, è stato consigliere diplomatico a Palazzo Chigi, sherpa per il G8 e rappresentante permanente alle Nazioni Unite. Dal 2013 è il nostro ambasciatore a Mosca, incarico che lascerà alla fine di quest’anno.

Ecco, ambasciatore, lei ha introdotto il tema dell’Ucraina, dov’è cominciata la crisi dei rapporti con la Russia. Comunque si legga la successione degli avvenimenti, l’annessione della Crimea è stata una violazione del diritto internazionale, da cui sono poi nate le sanzioni dell’Occidente contro Mosca. Sarebbe stato possibile un altro atteggiamento?
«Intanto la Crimea non era il primo Paese che votava per la sua indipendenza in Europa. Ma occorre fare un passo indietro. Nessuno discute il diritto di un Paese sovrano di aderire o associarsi a una organizzazione internazionale, ma non c’è dubbio che il negoziato della Ue con l’Ucraina aveva forti motivazioni politiche: era evidente il tentativo di sottrarre Kiev all’influenza storica della Russia. Se questo era l’obiettivo, l’Ue ha fallito. Non bisognava sottovalutare i legami storici, economici e familiari tra Mosca e Kiev. Averlo fatto è stato un grave errore».


Le sanzioni erano evitabili?
«Mi limito a notare che storicamente le sanzioni difficilmente raggiungono l’obiettivo per il quale vengono imposte, in questo caso costringere Mosca a cambiare atteggiamento. Anzi, spesso come conseguenza la popolazione si stringe intorno al potere dominante. È successo anche in Russia».


Come si esce dalla crisi ucraina?
«Non è possibile pensare che l’Ucraina entri nella Nato, che poi è il punto focale. Se risolviamo questo problema, risolveremo tutto il resto. Piaccia o meno, è così. L’Ucraina può essere un Paese ponte tra Occidente e Russia, lo dice anche Henry Kissinger».


Ma è pensabile mettere sul piatto la fine delle sanzioni?
«Oggi l’Europa è un po’ prigioniera, gli accordi di Minsk sono l’unico terreno su cui ci si muove, le situazioni sul terreno restano ambigue. Credo che l’Europa potrebbe dare segnali chiari a entrambe le parti che lo stallo non è più accettabile: per esempio dovremmo valutare un rinnovo trimestrale invece che semestrale delle sanzioni. Ma il nodo di fondo, ripeto, rimane la Nato».


La Russia ha intenzioni aggressive in Europa orientale, come denunciano i Paesi baltici e la Polonia?
«Ogni Paese ha diverse percezioni della propria sicurezza, che spesso hanno un fondamento. Ma l’analisi deve essere realistica. La Russia ha una spesa militare dieci volte inferiore a quella degli Stati Uniti. Il Cremlino riconosce che i Paesi baltici sono cosa diversa dall’Ucraina, dà per scontata la loro appartenenza alla Nato. Non credo abbia interesse a minacciarne la sicurezza. Certo Mosca è diventata più assertiva negli ultimi anni, anche per uscire dall’isolamento. Ha smentito chi l’aveva definita una potenza regionale, diventando protagonista ineludibile nell’intero Medio Oriente e partner fondamentale nella lotta al terrorismo».


E l’Italia?
«L’Italia ha sempre sostenuto che una politica di isolamento internazionale della Russia sarebbe stata contro-producente. È una linea che abbiamo tenuto, pur rispettando e applicando tutte le decisioni prese insieme agli alleati nella Nato o la Ue. Il nostro canale con Mosca è sempre rimasto aperto anche ai massimi livelli, come dimostrano vertici e visite».


Cosa pensa dell’accusa ai russi di voler destabilizzare le elezioni nei Paesi occidentali attraverso la pirateria informatica?
«Mi sembra una sorpresa che un Paese fin qui considerato con capacità tecnologiche limitate possa improvvisamente influenzare i processi elettorali in Occidente. Non ho elementi per dire se questo sia accaduto o meno».


Quanto è stabile il potere di Vladimir Putin?
«Sondaggi attendibili danno un alto livello di consenso popolare per Putin e questo è dovuto al fatto di aver ridato ai russi stabilità, ordine, benessere e soprattutto orgoglio patriottico. I russi non vogliono rimpiombare nel caos e nell’insicurezza degli anni Novanta».











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