mercoledì 25 dicembre 2013


Il Consolato ha condannato le azioni delle autorità italiane verso il figlio di una donna russa

Martedì scorso i media russi hanno informato sull’ultimo scandalo che ha coinvolto l’allantonamento forzato di un bambino sotto tutela di un cittadino russo in Italia




ROMA, 24 dicembre – RIA Novosti, Elisaveta Isakova. Le azioni delle autorità giudiziarie in Italia in relazione al bambino russo di Marina Ivanova, che è stato messa in un orfanotrofio, sono eccessivi e non soddisfano le norme del diritto umanitario, ha detto alla RIA Novosti il Console Nadezhda Smirnova, rappresentante del Consolato Generale della Federazione russa di Milano.

Martedì scorso, i media russi hanno informato circa l’ultimo scandalo che ha coinvolto l’allontanamento forzato di un bambino sotto tutela di una cittadina russa in Italia. La cittadina russa Marina Ivanova, nata Lepeshkina, pochi anni fa ha citato in giudizio il marito italiano, accusandolo di pedofilia. La polizia non ha riscontrato una sufficiente quantità di prove e a suo padre è stato permesso di vedere il figlio. Nonostante ciò la madre, temendo per la sorte del bambino, non ha più portato la bambina agli incontri con il padre e a causa di ciò il bambino è stato portato in un orfanotrofio.

"Pur accettando le incontrollabili misure adottate dalle autorità giudiziarie per limitare i diritti del genitore Marina Lepeshkina, sembrano eccessive ed in contrasto con i principi delle norme umanitarie fondamental" ha detto alla RIA Novosti il Console.

Come osservano al Consolato generale, il figlio della Lepeshkina si trova in un orfanotrofio nella città di Varese (Lombardia) dall’ottobre del 2012. Le autorità tutorie affermano che "il bambino sta bene", ma la madre è convinta del contrario. La situazione è complicata dal fatto che il bambino è un cittadino italiano dato che il padre si rifiutò di dargli la cittadinanza russa. Il Consolato Generale della Federazione Russa a Milano ha più volte fatto appello alle autorità locali per avere spiegazioni ma il Prefetto della città di Varese si riferisce alla decisione del tribunale nella cui attività non ha diritto di interferire .


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