Ragaglini:
«Per Putin l’Europa è un partner naturale. Ma è il rispetto
ciò che si attende»
L’ambasciatore a Mosca: «Ha
risollevato il Paese. Dopo l’implosione dell’Urss, la Russia si è trovata
sull’orlo del fallimento, depredata delle sue risorse»
«Penso che il
presidente Putin veda nell’Europa un partner naturale. La cosa che lui e i
russi si aspettano dalla comunità internazionale è il rispetto. Non è solo una
questione sentimentale. In realtà racchiude una parabola. Dopo l’implosione
dell’Urss, la Russia si è trovata sull’orlo del fallimento, depredata delle sue
risorse, destabilizzata, indebolita militarmente, privata del suo status di
grande potenza, dominata da un senso generale di insicurezza. Putin ha
risollevato il Paese e dopo la crisi ucraina, vissuta come l’ultima
umiliazione, ha tracciato una linea rossa».
Cesare Ragaglini è uno
dei migliori diplomatici italiani. Sessantaquattro anni, laureato in Scienze
politiche alla Cesare Alfieri a Firenze, in carriera dal 1978, è stato
consigliere diplomatico a Palazzo Chigi, sherpa per il G8 e rappresentante
permanente alle Nazioni Unite. Dal 2013 è il nostro ambasciatore a Mosca,
incarico che lascerà alla fine di quest’anno.
Ecco, ambasciatore,
lei ha introdotto il tema dell’Ucraina, dov’è cominciata la crisi dei rapporti
con la Russia. Comunque si legga la successione degli avvenimenti, l’annessione
della Crimea è stata una violazione del diritto internazionale, da cui sono poi
nate le sanzioni dell’Occidente contro Mosca. Sarebbe stato possibile un altro
atteggiamento?
«Intanto la Crimea non
era il primo Paese che votava per la sua indipendenza in Europa. Ma occorre
fare un passo indietro. Nessuno discute il diritto di un Paese sovrano di
aderire o associarsi a una organizzazione internazionale, ma non c’è dubbio che
il negoziato della Ue con l’Ucraina aveva forti motivazioni politiche: era
evidente il tentativo di sottrarre Kiev all’influenza storica della Russia. Se
questo era l’obiettivo, l’Ue ha fallito. Non bisognava sottovalutare i legami
storici, economici e familiari tra Mosca e Kiev. Averlo fatto è stato un grave
errore».
Le sanzioni erano
evitabili?
«Mi limito a notare che
storicamente le sanzioni difficilmente raggiungono l’obiettivo per il quale
vengono imposte, in questo caso costringere Mosca a cambiare atteggiamento.
Anzi, spesso come conseguenza la popolazione si stringe intorno al potere
dominante. È successo anche in Russia».
Come si esce dalla
crisi ucraina?
«Non è possibile
pensare che l’Ucraina entri nella Nato, che poi è il punto focale. Se
risolviamo questo problema, risolveremo tutto il resto. Piaccia o meno, è così.
L’Ucraina può essere un Paese ponte tra Occidente e Russia, lo dice anche Henry
Kissinger».
Ma è pensabile
mettere sul piatto la fine delle sanzioni?
«Oggi l’Europa è un po’
prigioniera, gli accordi di Minsk sono l’unico terreno su cui ci si muove, le
situazioni sul terreno restano ambigue. Credo che l’Europa potrebbe dare
segnali chiari a entrambe le parti che lo stallo non è più accettabile: per
esempio dovremmo valutare un rinnovo trimestrale invece che semestrale delle
sanzioni. Ma il nodo di fondo, ripeto, rimane la Nato».
La Russia ha
intenzioni aggressive in Europa orientale, come denunciano i Paesi baltici e la
Polonia?
«Ogni Paese ha diverse
percezioni della propria sicurezza, che spesso hanno un fondamento. Ma
l’analisi deve essere realistica. La Russia ha una spesa militare dieci volte
inferiore a quella degli Stati Uniti. Il Cremlino riconosce che i Paesi baltici
sono cosa diversa dall’Ucraina, dà per scontata la loro appartenenza alla Nato.
Non credo abbia interesse a minacciarne la sicurezza. Certo Mosca è diventata più
assertiva negli ultimi anni, anche per uscire dall’isolamento. Ha smentito chi
l’aveva definita una potenza regionale, diventando protagonista ineludibile
nell’intero Medio Oriente e partner fondamentale nella lotta al terrorismo».
E l’Italia?
«L’Italia ha sempre
sostenuto che una politica di isolamento internazionale della Russia sarebbe
stata contro-producente. È una linea che abbiamo tenuto, pur rispettando e
applicando tutte le decisioni prese insieme agli alleati nella Nato o la Ue. Il
nostro canale con Mosca è sempre rimasto aperto anche ai massimi livelli, come
dimostrano vertici e visite».
Cosa pensa
dell’accusa ai russi di voler destabilizzare le elezioni nei Paesi occidentali
attraverso la pirateria informatica?
«Mi sembra una sorpresa
che un Paese fin qui considerato con capacità tecnologiche limitate possa
improvvisamente influenzare i processi elettorali in Occidente. Non ho elementi
per dire se questo sia accaduto o meno».
Quanto è stabile il
potere di Vladimir Putin?
«Sondaggi attendibili danno
un alto livello di consenso popolare per Putin e questo è dovuto al fatto di
aver ridato ai russi stabilità, ordine, benessere e soprattutto orgoglio
patriottico. I russi non vogliono rimpiombare nel caos e nell’insicurezza degli
anni Novanta».