Ecco la
nuova "dottrina Putin"
Sforzo diplomatico e militare per
riequilibrare il rapporto con gli Usa
Era l'anno 2005 quando Vladimir Putin,
di fronte alla Duma riunita, affermò: «La dissoluzione dell'Unione Sovietica è
stata la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo».
In
Occidente, la frase fu interpretata come una sorta di rigurgito nostalgico per
il comunismo. In realtà quella di Putin non era una considerazione storica ma
un'analisi puntuale sullo squilibrio globale determinato dalla fine della
Guerra Fredda; non metteva in discussione la necessità di sviluppare
«democrazia e libertà» nei Paesi liberati dal comunismo, ma poneva il problema
di come l'ordine internazionale avrebbe potuto ridisegnarsi nel momento in cui
gli Stati Uniti rimanevano unica potenza mondiale.
Lo
scorso anno il Presidente russo ha posto nuovamente il problema chiedendosi se
il Partito Comunista sovietico, avesse potuto «trasformare il blocco sovietico
in democrazia piuttosto che farlo crollare». Putin non ha torto. Con la
disgregazione dell'URSS è venuto meno l'equilibrio tra i due blocchi e il mondo
ha conosciuto conflitti, guerre e disastri sociali:è evidente che gli Stati
Uniti da soli non sono in grado di governare la complessità dei processi in
atto, molti dei quali determinati proprio dalla volontà dell'Occidente di ridisegnare
il mondo a propria immagine e somiglianza.
Ed
è proprio su questo che oggi la Russia intende intervenire. La nuova Dottrina
della Politica Estera Russa, approvata da Vladimir Putin nel Novembre scorso,
rappresenta il più importante documento strategico di Mosca e determinerà le
scelte russe per i prossimi anni. Pur rimanendo centrale la necessita di
integrazione dello spazio post-sovietico con l'Unione Economica Eurasiatica) la
nuova strategia di Putin punta a trasformare Mosca in «uno dei centri di
influenza del mondo contemporaneo».
In
che modo? Rafforzando le capacità militari, aumentando l'impegno diplomatico e
bellico per la soluzione delle crisi regionali e ampliando le proprie relazioni
politiche ed economiche ben oltre la sfera eurasiatica. Centrale è il rapporto
economico e militare con la Cina anche in sede di organismi regionali (come lo
Sco, l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai) e con i Brics.
Ma
«per la prima volta», scrivono gli strateghi di Putin, la Russia «intende costruire
con la regione euro-atlantica una prospettiva a lungo termine orientata alla
formazione di uno spazio comune di pace, sicurezza e stabilità». In questo, una
risorsa importante per Mosca sarà «l'intensificarsi dei rapporti bilaterali con
Germania, Francia, Italia e Spagna». Il nostro Paese è quindi visto dai russi
come interlocutore importante. Fondamentale sarà la relazione con la nuova
America di Trump soprattutto sui temi della sicurezza internazionale, del
controllo globale degli armamenti e della lotta al terrorismo visto come la
«principale minaccia per il mondo contemporaneo».
Ma
Putin individua anche «nei problemi sistemici emersi nell'ambito dei processi
di globalizzazione» e negli «interventi esterni che hanno demolito meccanismi
tradizionali di gestione statale e di garanzia della sicurezza», l'emergere
dell'integralismo in Medio Oriente e in Africa.
Nonostante
gli strateghi russi reputino «basso il rischio di una guerra di grandi
dimensioni, anche nucleare, tra paesi leader, il pericolo che questi vengano
trascinati in conflitti regionali e nella escalation delle crisi è sempre più
forte». L'avvertimento di Putin è chiaro: in Ucraina, come in Siria, come nel
resto del Medio Oriente, le crisi regionali esigono soluzioni condivise. Per
questo Mosca intende rafforzare il ruolo dell'Onu come garante del Diritto
internazionale.
Nessun commento:
Posta un commento