DOPO
IL MIO INTERVENTO LA SALA DELL’ONU E’ RIMASTA IN SILENZIO – ANNA TUV
La gorlovchanka Anna
Tuv, la cui vita è stata infranta dalle bombe ucraine, è familiare a tutti
coloro che seguono gli eventi della guerra del Donbass.
Ora Anna vive in Russia.
Due settimane fa ha fatto visita all'ONU di Ginevra per raccontare la terribile
storia della guerra scatenata da Kiev - la sua e dell'intero popolo del
Donbass.
A metà novembre la
giovane donna bella ed elegante è intervenuta al Palazzo delle Nazioni di Ginevra
in una sessione del Consiglio per i Diritti umani dell’ONU.
Quell'incontro è stato
dedicato alla situazione in Donbass, perché ha parlato sia dell'Ucraina che del
Donbas, della sua Gorlovka, diventata la tomba di molte persone a cui era
davvero vicina.
Una
terribile verità
«Eravamo a casa,
abbiamo annaffiato il giardino, mia figlia era appena tornata dall'ultimo
giorno di scuola prima delle vacanze estive, il mio secondogenito, di due anni,
stava giocando nel cortile e la terza figlia - neonata - dormiva nella culla» ha
raccontato Anna. «Abbiamo visto un drone volare sopra di noi, ma non ci abbiamo
fatto caso. Poco dopo abbiamo sentito forti rumori di colpi e fischi. Le bombe sono
cadute proprio accanto a noi».
«Siamo riusciti aв entrare in casa e in quel momento un
proiettile ucraino è caduto nel corridoio di casa dove ci eravamo rifugiati.
Mio marito è riuscito a correre verso di me ed aprire la porta principale, sono
stata buttata fuori da un'esplosione di peso in strada».
«Ho perso conoscenza, mi
sono risvegliata dalle grida di mio figlio da sotto le macerie. Il tubo del gas
era stato troncato ed il gas usciva sulla mia faccia, non potevo alzarmi ed un
vicino di casa mi ha estratto dalle macerie. Mi sono precipitata in casa per trovare
il mio secondogenito. Solo più tardi, quando l'ho trovato e ci siamo riparati dietro
il frigorifero, ho visto che il mio braccio sinistro era stato moncato».
«Un secondo proiettile ha
colpito successivamente la nostra casa. L'ambulanza non poteva arrivare a causa
del bombardamento».
«Più tardi i
soccorritori hanno trovato la mia Katja (la primogenita) nel corridoio tagliata
in due, vicino a lei mio marito, o meglio le parti del suo corpo. Mia figlia
neonata era stata ferita da qualche scheggia, mio figlio è diventato invalido.
La nostra casa irrecuperabile: Mio marito e mia figlia sono stati uccisi ed io sono
rimasta senza un braccio».
Solo dopo che queste
parole furono pronunciate all'assemblea i presenti iniziarono a notare che una
delle braccia della donna ha un colore opaco liscio completamente naturale. L’oratrice
ha proseguito:
«L’autunno successivo,
il Consiglio degli Avvocati di Donezk ha inviato tutto il materiale del mio caso
alla Corte di Strasburgo e le mie testimonianze video, assieme all'avvocato Damien
Veghier. Sono ormai trascorsi due anni. L'anno scorso ho replicato la causa a
Mosca. Non c'è reazione. Ci sono centinaia di cause simili ed appelli. Non vi è
alcuna parola di rimpianto o aiuto da parte del governo ucraino. Non c’è alcun risarcimento.
La protesi mi è stata donata messa da cittadini italiani, dall'Associazione “Aiutateci
a Salvare i Bambini”. Al momento, solo nella regione di Donezk, sono morti più
di 80 bambini, oltre tremila sono diventati disabili. Ad una mia amica di Gorlovka
sono stati uccisi tre figli nello stesso momento ...»
Dopo il discorso di
Anna Tuv in sala è salato il silenzio e per la prima volta in una sessione
nessuno ha fatto domande, nessuno ha cercato di discutere.
I funzionari
occidentali funzionali alla politica, alla scienza ed ai media hanno visto per
la prima volta l’incarnazione vivente della guerra che i loro leader ed il
regime di Kiev che hanno patrocinato, hanno scatenato. Un’incarnazione mutilata
ma vivente e bella. Con lei non hanno discusso “dell’aggressione russa", non
hanno sorriso degli accordi di Minsk o del formato Minsk, perché il loro sguardo
che vedeva il dolore e la disperazione faceva notare che i loro occhi si
vergognavano inesprimibilmente.
E
l'ONU taceva. Anche se non è sempre stato così
Per Anna Tuv non è
stata la prima volta che ha raccontato il suo dolore dalle tribune delle
capitali europee. All’inizio è stata curata e dopo essersi ripresa dallo shock,
ha iniziato a visitare l'Europa per aprire gli occhi del Vecchio Mondo su
quello che sta accadendo nel suo nativo Donbass. Italia, San Marino, Germania:
picchetti, raduni, conferenze, tavole rotonde, foto in cui i propri cari sono
ancora vivi, oltre a una foto di ciò che rimane di quello che è stato il suo
accogliente nido famigliare.
E non dappertutto la
sconvolgente verità è stata accolta con il silenzio, i francesi l’hanno intervistata
parlando di questa tragica storia nei reportage televisivi, gli italiani hanno
organizzato manifestazioni chiedendo di portare Poroshenko in tribunale e
riconoscere i battaglioni nazisti ucraini come organizzazioni terroristiche, i
leader dei principali partiti di San Marino hanno offerto aiuto, i parlamentari
tedeschi hanno promesso di portare la sua terribile verità al pubblico tedesco.
Una donna fragile con i
suoi sforzi è stata in grado di sfondare il forte blocco dell’informazione su
tutto ciò che sta accadendo ora a Lugansk e nella regione di Donezk.
«Il mio obiettivo è
quello di trasmettere la verità e con questa cercare di proteggere le persone
che sono rimaste lì, nel Donbass, sotto i bombardamenti» ha dichiarato Anna Tuv
al commentatore di Tsargrad. «Per esempio, molte mie amiche che vivono nella
"zona rossa" (il territorio direttamente adiacente al fronte dei combattimenti
- nota dell'autore), mi scrivono letteralmente ogni giorno, a volte alle due o
alle tre di notte, dicono di essere sotto i bombardamenti e hanno molta paura
... ».
Proprio quando stavo
partendo per l'ONU, mio padre è arrivato a Mosca e mia ha raccontato della
situazione a Gorlovka, prima della sua partenza c’è stato l’ennesimo bombardamento
in cui un padre di tre bambini è rimasto ucciso e a causa di quel bombardamenti
sono state distrutte due case».
Anna non è tornata Gorlovka
dopo la morte di suo marito, sua figlia e la distruzione della sua casa. Vive
con il figlio disabile che ora ha cinque anni e la figlia di due anni nella
regione di Mosca. Lavora presso il Fondo Caritatevole Internazionale che aiuta
i bambini con disabilità dove è responsabile delle relazioni pubbliche. E’
anche attiva in molti movimenti sociali della Novorossija.
E tutto per dire la
verità sulla sanguinosa illegalità che il regime di Kiev porta avanti nella sua
piccola patria. Tuttavia deve ammettere che ogni volta che per lei, come
cittadina ucraina, viaggiare all'estero diventa sempre più difficile.
Una
donna russa fra due frammenti
«Nei consolati ucraini
capisco perfettamente che giro l’Europa non per prendere il sole, cercano
quindi di tenermi ben a distanza» dice Anna Tuv. - «E ogni volta mi trovo a risolvere questo
problema».
Io, naturalmente ho richiesto
la cittadinanza russa, ma i documenti mi sono stati restituiti. Ora devo
dimostrare che le mie radici sono russe e per questo devo recarmi nella regione
di Kursk, per cercare la prova che i miei nonni sono nati lì. Ma mia nonna è
morta da dieci anni e mia madre non ricorda esattamente dove è stata registrata
la nascita, i suoi genitori l'hanno portata in Donbass durante l'infanzia».
E questo destino di
Anna è simile al destino di molti russi, nato dal male della politica di Lenin della
suddivisione dello Stato unico in pseudo nazionalità abbandonando il territorio
ora chiamato lo Stato di Ucraina. E per l’altro, il più grande frammento di
questo potere - lo Stato della Federazione Russa, questa donna russa è
formalmente straniera. Un polacco degli Stati Uniti non è straniero per la Polonia.
Così come un ebreo dell'Italia - per Israele. Ma un combattente russo per la
sua identità russa e gli ideali del mondo russo del Donbass – straniero allo Stato
russo. Il veleno della politica bolscevica del passato continua ad avvelenare
il nostro futuro.
«Io come tutte le altre
persone del Donbass, ovviamente, spero di entrare a far parte della Russia – condividere
il sogno non è solo dell'eroina di questo articolo. - Vivendo lì pensavamo
continuamente, ci credevamo. Ed ogni giorno ci svegliavamo pensando che fosse
l'ultimo giorno di guerra.
Non potevano nemmeno
immaginare che questo massacro sarebbe durato a lungo. Eravamo convinti che
tutto questo non durasse a lungo e non fosse serio».
I dirigenti del nostro
Stato amano andare in chiesa, avere rapporti con la gerarchia ecclesiastica, baciare
le icone. Ma io vorrei davvero che queste loro azioni non assomigliassero a gesti
rituali e insieme con la Fede operino veramente così come gli apostoli per
volere del Signore, arrivarono a comprendere il significato della frase: «Misericordia
io voglio e non sacrificio».
È ingiusto sacrificare
un'intera nazione, specialmente il popolo che ha creato lo Stato il cui nome è
ora usato dai nostri potenti e dal cui nome hanno ottenuto il loro diritto al
potere. Proprio come non puoi renderli ostaggi senz'anima, ereditati dall'era
delle leggi senza dio. Perché è stato detto dall'apostolo a tutti i fedeli:
«Amore, gioia, pace,
comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, mansuetudine, dominio di sé! Su
questo non ci sono Leggi!»
In ogni caso, Anna non
si arrenderà. Una persona che ha vissuto ciò che ha vissuto lei e non si piega,
non si spezza. Come non si piegherà il Donbass. Che ora si sta battendo per
tutti noi, anche se qualcuno di noi, testardamente, non se ne accorge o per la
sua ignavia è incapace di capire.
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