lunedì 4 dicembre 2017

DOPO IL MIO INTERVENTO LA SALA DELL’ONU E’ RIMASTA IN SILENZIO – ANNA TUV




DOPO IL MIO INTERVENTO LA SALA DELL’ONU E’ RIMASTA IN SILENZIO – ANNA TUV

La gorlovchanka Anna Tuv, la cui vita è stata infranta dalle bombe ucraine, è familiare a tutti coloro che seguono gli eventi della guerra del Donbass.

Ora Anna vive in Russia. Due settimane fa ha fatto visita all'ONU di Ginevra per raccontare la terribile storia della guerra scatenata da Kiev - la sua e dell'intero popolo del Donbass.

A metà novembre la giovane donna bella ed elegante è intervenuta al Palazzo delle Nazioni di Ginevra in una sessione del Consiglio per i Diritti umani dell’ONU.

Quell'incontro è stato dedicato alla situazione in Donbass, perché ha parlato sia dell'Ucraina che del Donbas, della sua Gorlovka, diventata la tomba di molte persone a cui era davvero vicina.

Una terribile verità

«Eravamo a casa, abbiamo annaffiato il giardino, mia figlia era appena tornata dall'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive, il mio secondogenito, di due anni, stava giocando nel cortile e la terza figlia - neonata - dormiva nella culla» ha raccontato Anna. «Abbiamo visto un drone volare sopra di noi, ma non ci abbiamo fatto caso. Poco dopo abbiamo sentito forti rumori di colpi e fischi. Le bombe sono cadute proprio accanto a noi».

«Siamo riusciti aв entrare in casa e in quel momento un proiettile ucraino è caduto nel corridoio di casa dove ci eravamo rifugiati. Mio marito è riuscito a correre verso di me ed aprire la porta principale, sono stata buttata fuori da un'esplosione di peso in strada».

«Ho perso conoscenza, mi sono risvegliata dalle grida di mio figlio da sotto le macerie. Il tubo del gas era stato troncato ed il gas usciva sulla mia faccia, non potevo alzarmi ed un vicino di casa mi ha estratto dalle macerie. Mi sono precipitata in casa per trovare il mio secondogenito. Solo più tardi, quando l'ho trovato e ci siamo riparati dietro il frigorifero, ho visto che il mio braccio sinistro era stato moncato».

«Un secondo proiettile ha colpito successivamente la nostra casa. L'ambulanza non poteva arrivare a causa del bombardamento».

«Più tardi i soccorritori hanno trovato la mia Katja (la primogenita) nel corridoio tagliata in due, vicino a lei mio marito, o meglio le parti del suo corpo. Mia figlia neonata era stata ferita da qualche scheggia, mio figlio è diventato invalido. La nostra casa irrecuperabile: Mio marito e mia figlia sono stati uccisi ed io sono rimasta senza un braccio».

Solo dopo che queste parole furono pronunciate all'assemblea i presenti iniziarono a notare che una delle braccia della donna ha un colore opaco liscio completamente naturale. L’oratrice ha proseguito:
«L’autunno successivo, il Consiglio degli Avvocati di Donezk ha inviato tutto il materiale del mio caso alla Corte di Strasburgo e le mie testimonianze video, assieme all'avvocato Damien Veghier. Sono ormai trascorsi due anni. L'anno scorso ho replicato la causa a Mosca. Non c'è reazione. Ci sono centinaia di cause simili ed appelli. Non vi è alcuna parola di rimpianto o aiuto da parte del governo ucraino. Non c’è alcun risarcimento. La protesi mi è stata donata messa da cittadini italiani, dall'Associazione “Aiutateci a Salvare i Bambini”. Al momento, solo nella regione di Donezk, sono morti più di 80 bambini, oltre tremila sono diventati disabili. Ad una mia amica di Gorlovka sono stati uccisi tre figli nello stesso momento ...»

Dopo il discorso di Anna Tuv in sala è salato il silenzio e per la prima volta in una sessione nessuno ha fatto domande, nessuno ha cercato di discutere.

I funzionari occidentali funzionali alla politica, alla scienza ed ai media hanno visto per la prima volta l’incarnazione vivente della guerra che i loro leader ed il regime di Kiev che hanno patrocinato, hanno scatenato. Un’incarnazione mutilata ma vivente e bella. Con lei non hanno discusso “dell’aggressione russa", non hanno sorriso degli accordi di Minsk o del formato Minsk, perché il loro sguardo che vedeva il dolore e la disperazione faceva notare che i loro occhi si vergognavano inesprimibilmente.

E l'ONU taceva. Anche se non è sempre stato così

Per Anna Tuv non è stata la prima volta che ha raccontato il suo dolore dalle tribune delle capitali europee. All’inizio è stata curata e dopo essersi ripresa dallo shock, ha iniziato a visitare l'Europa per aprire gli occhi del Vecchio Mondo su quello che sta accadendo nel suo nativo Donbass. Italia, San Marino, Germania: picchetti, raduni, conferenze, tavole rotonde, foto in cui i propri cari sono ancora vivi, oltre a una foto di ciò che rimane di quello che è stato il suo accogliente nido famigliare.

E non dappertutto la sconvolgente verità è stata accolta con il silenzio, i francesi l’hanno intervistata parlando di questa tragica storia nei reportage televisivi, gli italiani hanno organizzato manifestazioni chiedendo di portare Poroshenko in tribunale e riconoscere i battaglioni nazisti ucraini come organizzazioni terroristiche, i leader dei principali partiti di San Marino hanno offerto aiuto, i parlamentari tedeschi hanno promesso di portare la sua terribile verità al pubblico tedesco.

Una donna fragile con i suoi sforzi è stata in grado di sfondare il forte blocco dell’informazione su tutto ciò che sta accadendo ora a Lugansk e nella regione di Donezk.

«Il mio obiettivo è quello di trasmettere la verità e con questa cercare di proteggere le persone che sono rimaste lì, nel Donbass, sotto i bombardamenti» ha dichiarato Anna Tuv al commentatore di Tsargrad. «Per esempio, molte mie amiche che vivono nella "zona rossa" (il territorio direttamente adiacente al fronte dei combattimenti - nota dell'autore), mi scrivono letteralmente ogni giorno, a volte alle due o alle tre di notte, dicono di essere sotto i bombardamenti e hanno molta paura ... ».

Proprio quando stavo partendo per l'ONU, mio padre è arrivato a Mosca e mia ha raccontato della situazione a Gorlovka, prima della sua partenza c’è stato l’ennesimo bombardamento in cui un padre di tre bambini è rimasto ucciso e a causa di quel bombardamenti sono state distrutte due case». 

Anna non è tornata Gorlovka dopo la morte di suo marito, sua figlia e la distruzione della sua casa. Vive con il figlio disabile che ora ha cinque anni e la figlia di due anni nella regione di Mosca. Lavora presso il Fondo Caritatevole Internazionale che aiuta i bambini con disabilità dove è responsabile delle relazioni pubbliche. E’ anche attiva in molti movimenti sociali della Novorossija.

E tutto per dire la verità sulla sanguinosa illegalità che il regime di Kiev porta avanti nella sua piccola patria. Tuttavia deve ammettere che ogni volta che per lei, come cittadina ucraina, viaggiare all'estero diventa sempre più difficile.

Una donna russa fra due frammenti 

«Nei consolati ucraini capisco perfettamente che giro l’Europa non per prendere il sole, cercano quindi di tenermi ben a distanza» dice Anna Tuv. -  «E ogni volta mi trovo a risolvere questo problema».

Io, naturalmente ho richiesto la cittadinanza russa, ma i documenti mi sono stati restituiti. Ora devo dimostrare che le mie radici sono russe e per questo devo recarmi nella regione di Kursk, per cercare la prova che i miei nonni sono nati lì. Ma mia nonna è morta da dieci anni e mia madre non ricorda esattamente dove è stata registrata la nascita, i suoi genitori l'hanno portata in Donbass durante l'infanzia». 

E questo destino di Anna è simile al destino di molti russi, nato dal male della politica di Lenin della suddivisione dello Stato unico in pseudo nazionalità abbandonando il territorio ora chiamato lo Stato di Ucraina. E per l’altro, il più grande frammento di questo potere - lo Stato della Federazione Russa, questa donna russa è formalmente straniera. Un polacco degli Stati Uniti non è straniero per la Polonia. Così come un ebreo dell'Italia - per Israele. Ma un combattente russo per la sua identità russa e gli ideali del mondo russo del Donbass – straniero allo Stato russo. Il veleno della politica bolscevica del passato continua ad avvelenare il nostro futuro.

«Io come tutte le altre persone del Donbass, ovviamente, spero di entrare a far parte della Russia – condividere il sogno non è solo dell'eroina di questo articolo. - Vivendo lì pensavamo continuamente, ci credevamo. Ed ogni giorno ci svegliavamo pensando che fosse l'ultimo giorno di guerra.

Non potevano nemmeno immaginare che questo massacro sarebbe durato a lungo. Eravamo convinti che tutto questo non durasse a lungo e non fosse serio». 

I dirigenti del nostro Stato amano andare in chiesa, avere rapporti con la gerarchia ecclesiastica, baciare le icone. Ma io vorrei davvero che queste loro azioni non assomigliassero a gesti rituali e insieme con la Fede operino veramente così come gli apostoli per volere del Signore, arrivarono a comprendere il significato della frase: «Misericordia io voglio e non sacrificio».

È ingiusto sacrificare un'intera nazione, specialmente il popolo che ha creato lo Stato il cui nome è ora usato dai nostri potenti e dal cui nome hanno ottenuto il loro diritto al potere. Proprio come non puoi renderli ostaggi senz'anima, ereditati dall'era delle leggi senza dio. Perché è stato detto dall'apostolo a tutti i fedeli: 

«Amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, mansuetudine, dominio di sé! Su questo non ci sono Leggi!» 

In ogni caso, Anna non si arrenderà. Una persona che ha vissuto ciò che ha vissuto lei e non si piega, non si spezza. Come non si piegherà il Donbass. Che ora si sta battendo per tutti noi, anche se qualcuno di noi, testardamente, non se ne accorge o per la sua ignavia è incapace di capire.









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