27 gennaio del
1942 nel giornale "Pravda" fu pubblicato l'articolo di Piotr Lidov
"Tanja".
“Nei primi giorni
di dicembre del 1941 a Petrischevo, vicino alla città di Verea, i tedeschi
giustiziarono una ragazza partigiana di 18 anni.
Al momento non è
ancora stato stabilito chi è, e da dove viene. Poco prima della tragedia di
Petrischevo, uno dei partigiani di Verea, incontrò questa ragazza nel bosco. Si
riscaldarono assieme nel rifugio interrato dei partigiani, la ragazza disse che
si chiamava Tanja. I partigiani non l'han più incontrata, ma sapevano che qui
nei paraggi, assieme a loro operava una partigiana coraggiosa di nome Tanja.
Erano i giorni di
grande pericolo per Mosca. L'attacco generale dei tedeschi alla nostra capitale
fu all'apice in quei giorni, il nemico riuscì a mettere i suoi tentacoli
abbastanza in profondità su Mosca, uscire sul rubicone del canale Mosca-Volga,
occupare Jakhroma, sparare su Serpuhov, avvicinarsi a minima distanza a Kashira
e Zaraisk. Le zone di riposo estivo dietro Galizino e Shodnja diventarono i
campi di battaglia e a Mosca si sentiva il rimbombo dell'artiglieria.
Questi successi
temporanei il nemico pagherà comunque ad alto prezzo. Le truppe del generale
Jukov gli fecero una fortissima resistenza, avanzando i tedeschi subivano le
gravissime perdite e all'inizio di dicembre furono stanche e dissanguati.
L'avanzamento delle loro truppe di novembre andava scemando e nel frattempo il
Comando Supremo dell'Armata Rossa preparava un colpo improvviso e decisivo.
I partigiani che
operavano sui territori occupati dai tedeschi, aiutavano l'Armata Rossa a
stancare il nemico. Mandavano i tedeschi dalle case calde al gelo,
interrompevano le comunicazioni, rovinavano le strade, aggredivano i piccoli
gruppi dei soldati e persino le basi dei fascisti, andavano in avanscoperta per
le truppe sovietiche.
Mosca sceglieva i
coraggiosi volontari e li inviava,attraverso il fronte, in aiuto ai partigiani,
ed è proprio li che nella zona Verejskaja apparve Tanja.
Il piccolo paesino
circondato dal bosco Petrischevo, era occupato dalle truppe tedesche, qui era
dislocata la parte di cavalleria, usavano il fieno raccolto dai contadini dei
kolkoz. In ogni casa si erano appoggiate le decine e anche le ventine dei
soldati. I padroni di casa si sistemavano sul forno a legna o negli angoli.
I tedeschi
portavano via ai contadini tutto il cibo, particolarmente crudele fu un
traduttore delle truppe tedesche, se la prendeva con i paesani di più ancora
rispetto a tutti gli altri e picchiava sia i vecchi che i piccoli.
Una notte qualcuno
tagliò i cavi del telefono tedesco di campo e a breve fu distrutta una stalla
della divisione tedesca con i diciassette cavalli dentro. La sera dopo, il
partigiano tornò al paese, si avvicinò alla stalla dove si trovavano più di
duecento cavalli dei tedeschi, era vestito col cappello, il giubbotto di pelo,
i pantaloni trapuntati e aveva la tracolla. Avvicinandosi alla stalla, il
personaggio si mise dentro al giubbotto la pistola che aveva in mano, tirò
fuori dalla tracolla la bottiglia piena di benzina, la versò e si chinò per
prendere il fiammifero. In questo preciso istante gli saltò addosso la guardia,
stringendolo con le braccia da dietro. Il partigiano riuscì a spingere il
tedesco e tirare fuori la pistola, ma non fece in tempo a sparare, la guardia
gli strappò l'arma dalle mani e chiamò l'aiuto.
Il partigiano fu portato dentro casa, e si rivelò una ragazza molto giovane, alta, con la carnagione olivastra, con le sopracciglia nere, gli occhi scuri e vivi, e dai capelli scuri cortissimi. I soldati agitatissimi correvano avanti e indietro, e come ricordava a seguito la padrona di casa Maria Sedova, ripetevano: "Frau partizan" il che in russo vuol dire: "Una partigiana donna".
Spogliarono la
ragazza e le diedero pugni, dopo una ventina di minuti fu portata attraverso
tutto il paese verso la casa dei Voronini, dove si trovava la sede. Fu
picchiata a sangue, vestita solo con la magliettina e scalza.
Alla sede sapevano
già che fu presa una partigiana, e il suo destino fu già deciso. La Tatiana non
fu portata ancora a destinazione e il traduttore già annunciava felice ai
Voronini che un domani la partigiana sarebbe stata impiccata. Portarono dentro
la Tanja, le indicarono di mettersi sui tavolacci, di fronte a lei c'era una
scrivania con sopra i telefoni, la macchina da scrivere, la radio, c'erano
anche le varie carte sparse.
Arrivarono gli
ufficiali, ai padroni di casa fu detto di andare in cucina, la vecchia perdeva
tempo e un ufficiale la spinse alla schiena, ordinandole di muoversi. Portarono
via anche il traduttore. L'ufficiale maggiore interrogava la Tanja in russo.
Essendo in cucina, i Voronini potevano sentire cosa stava succedendo nella
stanza.
L'ufficiale faceva
le domande e Tanja rispondeva senza esitare, ad alta voce e aggressiva.
- Chi è lei?
- Non ve lo dico.
- Lei ha dato ieri
fuoco alla stalla?
- Si, sono stata
io.
- Il suo
obiettivo?
- Distruggervi.
Ci fu una pausa.
- Quando ha
oltrepassato la linea del fronte?
- Venerdì
- Ci ha messo poco
per arrivare.
- Inutile perdere
tempo.
Alla Tatiana
chiedevano chi l'avrebbe mandata e chi operava con lei, le ordinavano di
denunciare i suoi amici, ma dalla porta arrivavano le risposte: "No",
"Non lo so", "Non ve lo dico", "No". Poi si sentì
il rumore delle cinghie, l'han preso a cinghiate...Dopo qualche minuto
l'ufficiale giovanissimo uscì fuori dalla stanza e arrivò di corsa in cucina,
si mise la testa fra le mani e rimase così seduto fino alla fine
dell'interrogatorio, a occhi chiusi e tappandosi le orecchie. Persino i nervi
del fascista non ce la facevano a resistere.
Quattro uomini
picchiavano la ragazza a cinghiate, i padroni di casa contavano- arrivarono a
200 colpi. Tatiana non emise neanche un verso. Poi seguirono di nuovo le
risposte: "No", "Non ve lo dico", solamente la sua voce ora
diventò rauca.
Tatiana fu tenuta
per due ore a casa dei Voronini, dopo l'interrogatorio fu portata a casa di
Vasilij Aleksandrovich Kulik, fu scortata, sempre quasi nuda, scalza sulla
neve. Quando la portarono dentro casa, i padroni han visto con la luce della
lampada che aveva un ematoma grande blu e nero sulla fronte, si vedevano le
ferite sulle gambe e le braccia. Respirava a fatica, i cappelli neri furono
arruffati sulla fronte alta, coperta dal sudore. Le mani della ragazza furono
legate con la corda, le labbra furono morsicate e gonfie, probabilmente si
mordeva quando la picchiavano durante l'interrogatorio.
Si appoggiò sulla
panchina. La guardia tedesca era alla porta. Vasilij e Praskovja Kulik, stando
sul forno, osservavano la prigioniera. Stava seduta, tranquilla e immobile, poi
chiese da bere. Vasilij scese dal forno per andar a prendere da bere, ma la
guardia lo anticipò, prese di scatto la lampada dal tavolo e l'avvicinò alla
bocca della ragazza, come per dire che bisognava darle da bere la benzina e non
l'acqua. Kulik si mise a pregare il tedesco per la ragazza, la guardia borbottò
e malvolentieri acconsentì. Così bevve avidamente due tazze.
Fra poco i soldati
che vivevano in casa circondarono la ragazza e si misero a torturarla, le
davano i pugni, avvicinavano al suo mento i fiammiferi accesi, qualcuno passò
sulla sua schiena la sega. I padroni di casa chiesero ai tedeschi di non
torturare la ragazza, di non farlo almeno per i bambini che si trovavano dentro
la stessa casa, ma non furono ascoltati.
Dopo essersi
divertiti abbastanza, i soldati si coricarono, allora la guardia puntò il
fucile e disse alla Tatiana di alzarsi e di uscire di casa. La seguiva mentre
camminava, praticamente appoggiando il fucile contro la sua schiena. La ragazza
doveva camminare scalza sulla neve finchè il suo carnefice non si congelò del
tutto e pensò di tornare dentro casa a scaldarsi.
Questa guardia
curava la Tatiana dalle dieci di sera alle due di notte e ogni ora portava la
ragazza fuori per quindici-venti minuti, nessuno sa gli altri particolari delle
torture subite dalla ragazza durante quelle passeggiate notturne...
Finalmente arrivò
una guardia nuova, alla poveretta diedero il permesso di sdraiarsi sulla
panchina.
Praskovja Kulik approfittò
subito per parlare con la Tatiana.
- Di chi sei?
- E perchè lo
vuole sapere?
- Ma di dove sei?
- Sono di Mosca.
- Hai i genitori?
La ragazza non
rispose, rimase sdraiata fino al matino, senza muoversi, senza dire una parola,
senza emettere neanche un gemito, anche se aveva i geloni ai piedi e non poteva
non sentire il dolore. Nessuno sa se lei quella notte riusci' a dormire, cosa
pensava, circondata dai nemici imbestialiti. Di mattino i soldati costruirono
in mezzo al paese un patibolo. Praskovja si rivolse nuovamente alla ragazza:
- L'altro giorno
sei stata tu?
- Si. Si son
bruciati i tedeschi?
- No.
- Peccato. Cos'è
che bruciò?
- I loro cavalli e
dicono anche le armi.
Alle dieci del
mattino arrivarono gli ufficiali. Il maggiore chiese di nuovo alla Tania:
- Ci dica che è
lei?
Tatiana non
rispose.
- Ci dica dove si
trova Stalin?
- Stalin si trova
al posto suo,- rispose la ragazza.
I padroni di casa
non sentirono il resto dell'interrogatorio perchè li fecero uscire dalla stanza
e li fecero rientrare solo ad interrogatorio terminato ...
Portarono gli
indumenti di Tania: la maglietta, i pantaloni, le calze. C'era anche la sua
sacca con dentro lo zucchero, i fiammiferi e il sale. Il cappello, il giubbotto
col pelo, la felpa trapuntata e gli stivali di feltro sparirono, se li son
tenuti i sottufficiali, e i guanti pesanti se li prese il cuoco che cucinava
per gli ufficiali ...
Tatiana si vestì,
i padroni di casa l'aiutarono a mettere le calze sui piedi diventati
completamente neri. Sul petto della ragazza avevano appeso la targa con la
scritta: "Incendiario di case" e le sue bottiglie con la benzina. La
portarono in piazza col patibolo in mezzo.
Il luogo
dell'esecuzione fu circondato da dieci militari sul cavallo con le sciabole
fuori, attorno c'erano più di un centinaio dei soldati ed alcuni ufficiali,
alla gente di paese fu ordinato di presentarsi per vedere l'esecuzione ma si
presentarono in pochi e poi pian piano se ne andarono a casa per non assistere
alla azione crudele e oscena.
Sotto al cappio
che fecero scendere dalla trave c'erano due casse, una sopra l'altra. La
ragazza coraggiosa fu sollevata e messa sulla cassa, le buttarono il cappio
attorno al collo.
Uno degli ufficiali
la mise al fuoco con la sua kodak, i tedeschi amano fotografare le esecuzioni e
le torture. Il comandante fece il cenno di attendere ai soldati che dovevano
fare da boia.
Tatiana colse
l'attimo per gridare, rivolgendosi ai contadini del kolkoz, e la sua voce fu
alta e limpida:
- Allora,
compagni! Perchè quest'aria triste? Coraggio, lottate, picchiate tedeschi,
bruciateli, avvelenateli!
Il tedesco che le
fu accanto tirò su il braccio per colpirla oppure per tapparle la bocca, ma lei
lo spinse e continuò:
- Non ho paura di
morire, compagni. E' una felicità- morire per il proprio popolo ...
L'ufficiale aveva
già ripreso il patibolo da lontano e vicino e ora si posizionava per riprendere
di lato. I boia guardavano il comandante preoccupati e quest'ultimo gridò
all'ufficiale:
- Haber doh
shneller!
Allora la Tatiana
si girò verso il comandante e si rivolse a lui e ai soldati tedeschi:
- Adesso mi impiccate, ma io non sono da sola, siamo duecento milioni, non ci impiccherete tutti. Mi vendicheranno. Soldati! Finchè non è tardi, fatevi prigionieri, tanto la vittoria sarà la nostra! Mi vendicheranno...
I russi che si
trovavano in piazza piangevano, altri furono girati di spalle per non guardare.
Il boia tirò la corda, il cappio serrò il collo della Tania, lei con le mani lo allargò, si sollevò e gridò con tutte le forze:
Il boia tirò la corda, il cappio serrò il collo della Tania, lei con le mani lo allargò, si sollevò e gridò con tutte le forze:
- Addio, compagni!
Lottate, non temete! Stalin è con noi! Stalin verrà!..
Il boia si
appoggiò con la punta dello stivale in ferro contro la cassa, la spinse sulla
neve scivolosa e compatta, la cassa che stava sopra cadde giù e la folla si
spinse indietro. Si sentì un urlo di qualcuno e dal bosco arrivò un'eco...
Lei mori'
prigioniera del nemico, in mezzo ai fascisti, non rivelò con un minimo verso la
propria sofferenza, non nominò nessun nome dei suoi compagni. Accolse la morte
da martire, da vero eroe, da vera figlia di un grande popolo che non potrà mai
piegare nessuno. Eterna memoria!
La piazza si svuotò velocemente, la gente tornava a casa e in quel giorno non
usciva nessuno di casa senza un'estrema necessità, chi doveva passare vicino al
patibolo, chinava la testa accelerando il passo.
Il corpo di
Tatiana ci rimase per un mese intero, il vento lo muoveva e la neve lo copriva.
Quando dal paese passavano le truppe tedesche, le squallide figure circondavano
il patibolo e si mettevano a beffarsi a lungo del corpo, prendendolo a
bastonate e ridendo a squarciagola. Poi si rimettevano in strada e più avanti,
a pochi chilometri da Petrischevo, li attendeva un'altro divertimento:vicino
all'ospedale c'era un altro patibolo con i corpi di due ragazzini impiccati dai
tedeschi.
Così loro
avanzavano sulla terra russa, puntellata dai patiboli, la terra che chiedeva la
vendetta...
.. A Capodanno i
fascisti ubriachi circondarono il patibolo, tirarono giù gli indumenti della
Tanja e si beffarono, da vigliacchi, del suo corpo. Il corpo rimase al centro
del paese ancora per un giorno e la sera del 1 gennaio il traduttore ordinò di
togliere il patibolo, il capo villaggio chiamò la gente per far scavare il
fosso a fianco del paese.
Qui in periferia
si trovava l'edificio della scuola elementare. I tedeschi l'avevano distrutto,
togliendo il pavimento e facendo i tavolacci dentro, si riscaldavano bruciando
i banchi nei forni. In mezzo a quel edificio distrutto e il bordo della
foresta, in mezzo ai radi cespugli fu preparata la tomba. Il corpo di Tanja fu
portato fin qui con la slitta di legna, aveva ancora il pezzo di corda attorno
al collo, l'appoggiarono sulla neve. I suoi occhi erano chiusi, sul volto
olivastro da morta si vedevano ancora le curve scure delle sopracciglia, le
lunghe ciglia, la bocca era serrata e sulla fronte alta si vedeva il livido
viola. Il bellissimo volto russo di Tanja custodiva l'integrità e la freschezza
dei tratti. E' come se portasse il marchio della profonda serenità ora ...
- Bisognerebbe
avvolgerla con qualcosa,- disse uno dei contadini che scavava la tomba.
- Si, come no,
cos'è tutto questo onore,- borbottò il traduttore.
Il giovane corpo
fu seppellito senza onori sotto alla betulla piangente e la bufera di neve
pensò a creare la collinetta sulla tomba,e a breve arrivarono quelli per chi la
Tanja creava il passaggio verso l'occidente.
L'attacco dei
russi fu improvviso e i tedeschi lasciavano Petrischevo di fretta, se prima
continuavano a dire ai contadini: "Mosca-kaput", ora indicavano a
cenni che i russi li stanno attaccando e che ora loro, tedeschi, devono tornare
a Berlino, per il momento erano in ritirata nella direzione di Dorohovo.
I tedeschi
arrivarono al paese vicino Gribzovo e gli diedero fuoco, Gribzovo bruciò
interamente. I paesani si recarono nel Petrischevo per cercare di sistemarsi in
qualche modo, arrivarono anche i contadini degli altri paesi, incendiati dai
fascisti, si portavano dietro i bambini ravvolti nelle coperte e gli avanzi
della propria roba.
Solo all'indomani
i tedeschi in ritirata si accorsero di non aver dato il fuoco a Petrischevo,
mandarono il gruppo di 24 persone da Gribzovo, a questa gente fu dato l'ordine
di tornare a Petrischevo e dare fuoco al paese, i tedeschi tornavano
malvolentieri, avevano paura di finire dai russi e perdersi, allora decisero di
non dare fuoco al paese, ma si limitarono a rompere le finestre nelle case, per
poi seguire di corsa le loro truppe in ritirata.
Meno male che i
vigliacchi disobbedirono, almeno un paese in zona rimase integro, come rimasero
in vita i testimoni di un crimine osceno eseguito dai codardi nazisti con la
partigiana gloriosa. Rimasero salvi i luoghi legati alle sue azioni eroiche,
rimase integra anche la tomba sacra per i russi, la tomba dove giace la Tanja.
Le truppe del coraggioso
generale Leonid Govorov avanzarono velocemente attraverso Petrischevo, seguendo
il nemico in ritirata verso l'occidente, verso Mojaisk, poi verso Gjatsk e
Vjazma. Ma i combattenti troveranno ancora tempo per venire qui alla tomba,
chinarsi davanti ai ceneri della Tatiana e dirle un grande grazie russo di
cuore, un grazie anche ai genitori che avevano generato e cresciuto un eroe, ai
maestri che l'avevano educata, ai compagni che avevano rafforzato il suo
spirito.
Così dirà un caro
comandante:
- Amico! Quando
hai sotto mira un fascista, ricordati della Tanja, fai si che il tuo proiettile
vada dritto, vendicala, quando vai all'attacco, ricordati della Tanja e non
girarti indietro...
E pronunceranno i
combattenti un giuramento sulla tomba, un giuramento profondo e spaventoso.
Andranno all'attacco e con ognuno di loro verrà Tanja.
La sua gloria
lucente volerà su tutta la terra sovietica, si spargerà e i milioni di persone
penseranno con amore alla piccola tomba lontana, coperta di neve e Stalin nei
pensieri verrà sulla pietra tombale della sua figlia fedele.
"PRAVDA"
- 27 gennaio 1942
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