giovedì 8 febbraio 2018

La storia di Tanja




27 gennaio del 1942 nel giornale "Pravda" fu pubblicato l'articolo di Piotr Lidov "Tanja".

“Nei primi giorni di dicembre del 1941 a Petrischevo, vicino alla città di Verea, i tedeschi giustiziarono una ragazza partigiana di 18 anni.

Al momento non è ancora stato stabilito chi è, e da dove viene. Poco prima della tragedia di Petrischevo, uno dei partigiani di Verea, incontrò questa ragazza nel bosco. Si riscaldarono assieme nel rifugio interrato dei partigiani, la ragazza disse che si chiamava Tanja. I partigiani non l'han più incontrata, ma sapevano che qui nei paraggi, assieme a loro operava una partigiana coraggiosa di nome Tanja.

Erano i giorni di grande pericolo per Mosca. L'attacco generale dei tedeschi alla nostra capitale fu all'apice in quei giorni, il nemico riuscì a mettere i suoi tentacoli abbastanza in profondità su Mosca, uscire sul rubicone del canale Mosca-Volga, occupare Jakhroma, sparare su Serpuhov, avvicinarsi a minima distanza a Kashira e Zaraisk. Le zone di riposo estivo dietro Galizino e Shodnja diventarono i campi di battaglia e a Mosca si sentiva il rimbombo dell'artiglieria.

Questi successi temporanei il nemico pagherà comunque ad alto prezzo. Le truppe del generale Jukov gli fecero una fortissima resistenza, avanzando i tedeschi subivano le gravissime perdite e all'inizio di dicembre furono stanche e dissanguati. L'avanzamento delle loro truppe di novembre andava scemando e nel frattempo il Comando Supremo dell'Armata Rossa preparava un colpo improvviso e decisivo.

I partigiani che operavano sui territori occupati dai tedeschi, aiutavano l'Armata Rossa a stancare il nemico. Mandavano i tedeschi dalle case calde al gelo, interrompevano le comunicazioni, rovinavano le strade, aggredivano i piccoli gruppi dei soldati e persino le basi dei fascisti, andavano in avanscoperta per le truppe sovietiche.

Mosca sceglieva i coraggiosi volontari e li inviava,attraverso il fronte, in aiuto ai partigiani, ed è proprio li che nella zona Verejskaja apparve Tanja.

Il piccolo paesino circondato dal bosco Petrischevo, era occupato dalle truppe tedesche, qui era dislocata la parte di cavalleria, usavano il fieno raccolto dai contadini dei kolkoz. In ogni casa si erano appoggiate le decine e anche le ventine dei soldati. I padroni di casa si sistemavano sul forno a legna o negli angoli.

I tedeschi portavano via ai contadini tutto il cibo, particolarmente crudele fu un traduttore delle truppe tedesche, se la prendeva con i paesani di più ancora rispetto a tutti gli altri e picchiava sia i vecchi che i piccoli.

Una notte qualcuno tagliò i cavi del telefono tedesco di campo e a breve fu distrutta una stalla della divisione tedesca con i diciassette cavalli dentro. La sera dopo, il partigiano tornò al paese, si avvicinò alla stalla dove si trovavano più di duecento cavalli dei tedeschi, era vestito col cappello, il giubbotto di pelo, i pantaloni trapuntati e aveva la tracolla. Avvicinandosi alla stalla, il personaggio si mise dentro al giubbotto la pistola che aveva in mano, tirò fuori dalla tracolla la bottiglia piena di benzina, la versò e si chinò per prendere il fiammifero. In questo preciso istante gli saltò addosso la guardia, stringendolo con le braccia da dietro. Il partigiano riuscì a spingere il tedesco e tirare fuori la pistola, ma non fece in tempo a sparare, la guardia gli strappò l'arma dalle mani e chiamò l'aiuto.

Il partigiano fu portato dentro casa, e si rivelò una ragazza molto giovane, alta, con la carnagione olivastra, con le sopracciglia nere, gli occhi scuri e vivi, e dai capelli scuri cortissimi. I soldati agitatissimi correvano avanti e indietro, e come ricordava a seguito la padrona di casa Maria Sedova, ripetevano: "Frau partizan" il che in russo vuol dire: "Una partigiana donna". 

Spogliarono la ragazza e le diedero pugni, dopo una ventina di minuti fu portata attraverso tutto il paese verso la casa dei Voronini, dove si trovava la sede. Fu picchiata a sangue, vestita solo con la magliettina e scalza.

Alla sede sapevano già che fu presa una partigiana, e il suo destino fu già deciso. La Tatiana non fu portata ancora a destinazione e il traduttore già annunciava felice ai Voronini che un domani la partigiana sarebbe stata impiccata. Portarono dentro la Tanja, le indicarono di mettersi sui tavolacci, di fronte a lei c'era una scrivania con sopra i telefoni, la macchina da scrivere, la radio, c'erano anche le varie carte sparse.

Arrivarono gli ufficiali, ai padroni di casa fu detto di andare in cucina, la vecchia perdeva tempo e un ufficiale la spinse alla schiena, ordinandole di muoversi. Portarono via anche il traduttore. L'ufficiale maggiore interrogava la Tanja in russo. Essendo in cucina, i Voronini potevano sentire cosa stava succedendo nella stanza.

L'ufficiale faceva le domande e Tanja rispondeva senza esitare, ad alta voce e aggressiva.

- Chi è lei?
- Non ve lo dico.
- Lei ha dato ieri fuoco alla stalla?
- Si, sono stata io.
- Il suo obiettivo?
- Distruggervi.

Ci fu una pausa.

- Quando ha oltrepassato la linea del fronte?
- Venerdì
- Ci ha messo poco per arrivare.
- Inutile perdere tempo.

Alla Tatiana chiedevano chi l'avrebbe mandata e chi operava con lei, le ordinavano di denunciare i suoi amici, ma dalla porta arrivavano le risposte: "No", "Non lo so", "Non ve lo dico", "No". Poi si sentì il rumore delle cinghie, l'han preso a cinghiate...Dopo qualche minuto l'ufficiale giovanissimo uscì fuori dalla stanza e arrivò di corsa in cucina, si mise la testa fra le mani e rimase così seduto fino alla fine dell'interrogatorio, a occhi chiusi e tappandosi le orecchie. Persino i nervi del fascista non ce la facevano a resistere. 

Quattro uomini picchiavano la ragazza a cinghiate, i padroni di casa contavano- arrivarono a 200 colpi. Tatiana non emise neanche un verso. Poi seguirono di nuovo le risposte: "No", "Non ve lo dico", solamente la sua voce ora diventò rauca.

Tatiana fu tenuta per due ore a casa dei Voronini, dopo l'interrogatorio fu portata a casa di Vasilij Aleksandrovich Kulik, fu scortata, sempre quasi nuda, scalza sulla neve. Quando la portarono dentro casa, i padroni han visto con la luce della lampada che aveva un ematoma grande blu e nero sulla fronte, si vedevano le ferite sulle gambe e le braccia. Respirava a fatica, i cappelli neri furono arruffati sulla fronte alta, coperta dal sudore. Le mani della ragazza furono legate con la corda, le labbra furono morsicate e gonfie, probabilmente si mordeva quando la picchiavano durante l'interrogatorio. 




Si appoggiò sulla panchina. La guardia tedesca era alla porta. Vasilij e Praskovja Kulik, stando sul forno, osservavano la prigioniera. Stava seduta, tranquilla e immobile, poi chiese da bere. Vasilij scese dal forno per andar a prendere da bere, ma la guardia lo anticipò, prese di scatto la lampada dal tavolo e l'avvicinò alla bocca della ragazza, come per dire che bisognava darle da bere la benzina e non l'acqua. Kulik si mise a pregare il tedesco per la ragazza, la guardia borbottò e malvolentieri acconsentì. Così bevve avidamente due tazze.

Fra poco i soldati che vivevano in casa circondarono la ragazza e si misero a torturarla, le davano i pugni, avvicinavano al suo mento i fiammiferi accesi, qualcuno passò sulla sua schiena la sega. I padroni di casa chiesero ai tedeschi di non torturare la ragazza, di non farlo almeno per i bambini che si trovavano dentro la stessa casa, ma non furono ascoltati.

Dopo essersi divertiti abbastanza, i soldati si coricarono, allora la guardia puntò il fucile e disse alla Tatiana di alzarsi e di uscire di casa. La seguiva mentre camminava, praticamente appoggiando il fucile contro la sua schiena. La ragazza doveva camminare scalza sulla neve finchè il suo carnefice non si congelò del tutto e pensò di tornare dentro casa a scaldarsi.

Questa guardia curava la Tatiana dalle dieci di sera alle due di notte e ogni ora portava la ragazza fuori per quindici-venti minuti, nessuno sa gli altri particolari delle torture subite dalla ragazza durante quelle passeggiate notturne...

Finalmente arrivò una guardia nuova, alla poveretta diedero il permesso di sdraiarsi sulla panchina. 

Praskovja Kulik approfittò subito per parlare con la Tatiana.

- Di chi sei?
- E perchè lo vuole sapere?
- Ma di dove sei?
- Sono di Mosca.
- Hai i genitori?

La ragazza non rispose, rimase sdraiata fino al matino, senza muoversi, senza dire una parola, senza emettere neanche un gemito, anche se aveva i geloni ai piedi e non poteva non sentire il dolore. Nessuno sa se lei quella notte riusci' a dormire, cosa pensava, circondata dai nemici imbestialiti. Di mattino i soldati costruirono in mezzo al paese un patibolo. Praskovja si rivolse nuovamente alla ragazza:

- L'altro giorno sei stata tu?
- Si. Si son bruciati i tedeschi?
- No.
- Peccato. Cos'è che bruciò?
- I loro cavalli e dicono anche le armi.

Alle dieci del mattino arrivarono gli ufficiali. Il maggiore chiese di nuovo alla Tania:

- Ci dica che è lei?
Tatiana non rispose.
- Ci dica dove si trova Stalin?
- Stalin si trova al posto suo,- rispose la ragazza.

I padroni di casa non sentirono il resto dell'interrogatorio perchè li fecero uscire dalla stanza e li fecero rientrare solo ad interrogatorio terminato ...

Portarono gli indumenti di Tania: la maglietta, i pantaloni, le calze. C'era anche la sua sacca con dentro lo zucchero, i fiammiferi e il sale. Il cappello, il giubbotto col pelo, la felpa trapuntata e gli stivali di feltro sparirono, se li son tenuti i sottufficiali, e i guanti pesanti se li prese il cuoco che cucinava per gli ufficiali ...

Tatiana si vestì, i padroni di casa l'aiutarono a mettere le calze sui piedi diventati completamente neri. Sul petto della ragazza avevano appeso la targa con la scritta: "Incendiario di case" e le sue bottiglie con la benzina. La portarono in piazza col patibolo in mezzo.

Il luogo dell'esecuzione fu circondato da dieci militari sul cavallo con le sciabole fuori, attorno c'erano più di un centinaio dei soldati ed alcuni ufficiali, alla gente di paese fu ordinato di presentarsi per vedere l'esecuzione ma si presentarono in pochi e poi pian piano se ne andarono a casa per non assistere alla azione crudele e oscena.

Sotto al cappio che fecero scendere dalla trave c'erano due casse, una sopra l'altra. La ragazza coraggiosa fu sollevata e messa sulla cassa, le buttarono il cappio attorno al collo. 

Uno degli ufficiali la mise al fuoco con la sua kodak, i tedeschi amano fotografare le esecuzioni e le torture. Il comandante fece il cenno di attendere ai soldati che dovevano fare da boia.

Tatiana colse l'attimo per gridare, rivolgendosi ai contadini del kolkoz, e la sua voce fu alta e limpida:

- Allora, compagni! Perchè quest'aria triste? Coraggio, lottate, picchiate tedeschi, bruciateli, avvelenateli!

Il tedesco che le fu accanto tirò su il braccio per colpirla oppure per tapparle la bocca, ma lei lo spinse e continuò:

- Non ho paura di morire, compagni. E' una felicità- morire per il proprio popolo ...

L'ufficiale aveva già ripreso il patibolo da lontano e vicino e ora si posizionava per riprendere di lato. I boia guardavano il comandante preoccupati e quest'ultimo gridò all'ufficiale:

- Haber doh shneller!

Allora la Tatiana si girò verso il comandante e si rivolse a lui e ai soldati tedeschi:

- Adesso mi impiccate, ma io non sono da sola, siamo duecento milioni, non ci impiccherete tutti. Mi vendicheranno. Soldati! Finchè non è tardi, fatevi prigionieri, tanto la vittoria sarà la nostra! Mi vendicheranno...

I russi che si trovavano in piazza piangevano, altri furono girati di spalle per non guardare.
Il boia tirò la corda, il cappio serrò il collo della Tania, lei con le mani lo allargò, si sollevò e gridò con tutte le forze:

- Addio, compagni! Lottate, non temete! Stalin è con noi! Stalin verrà!..

Il boia si appoggiò con la punta dello stivale in ferro contro la cassa, la spinse sulla neve scivolosa e compatta, la cassa che stava sopra cadde giù e la folla si spinse indietro. Si sentì un urlo di qualcuno e dal bosco arrivò un'eco...

Lei mori' prigioniera del nemico, in mezzo ai fascisti, non rivelò con un minimo verso la propria sofferenza, non nominò nessun nome dei suoi compagni. Accolse la morte da martire, da vero eroe, da vera figlia di un grande popolo che non potrà mai piegare nessuno. Eterna memoria!

La piazza si svuotò velocemente, la gente tornava a casa e in quel giorno non usciva nessuno di casa senza un'estrema necessità, chi doveva passare vicino al patibolo, chinava la testa accelerando il passo.

Il corpo di Tatiana ci rimase per un mese intero, il vento lo muoveva e la neve lo copriva. Quando dal paese passavano le truppe tedesche, le squallide figure circondavano il patibolo e si mettevano a beffarsi a lungo del corpo, prendendolo a bastonate e ridendo a squarciagola. Poi si rimettevano in strada e più avanti, a pochi chilometri da Petrischevo, li attendeva un'altro divertimento:vicino all'ospedale c'era un altro patibolo con i corpi di due ragazzini impiccati dai tedeschi.

Così loro avanzavano sulla terra russa, puntellata dai patiboli, la terra che chiedeva la vendetta...

.. A Capodanno i fascisti ubriachi circondarono il patibolo, tirarono giù gli indumenti della Tanja e si beffarono, da vigliacchi, del suo corpo. Il corpo rimase al centro del paese ancora per un giorno e la sera del 1 gennaio il traduttore ordinò di togliere il patibolo, il capo villaggio chiamò la gente per far scavare il fosso a fianco del paese.

Qui in periferia si trovava l'edificio della scuola elementare. I tedeschi l'avevano distrutto, togliendo il pavimento e facendo i tavolacci dentro, si riscaldavano bruciando i banchi nei forni. In mezzo a quel edificio distrutto e il bordo della foresta, in mezzo ai radi cespugli fu preparata la tomba. Il corpo di Tanja fu portato fin qui con la slitta di legna, aveva ancora il pezzo di corda attorno al collo, l'appoggiarono sulla neve. I suoi occhi erano chiusi, sul volto olivastro da morta si vedevano ancora le curve scure delle sopracciglia, le lunghe ciglia, la bocca era serrata e sulla fronte alta si vedeva il livido viola. Il bellissimo volto russo di Tanja custodiva l'integrità e la freschezza dei tratti. E' come se portasse il marchio della profonda serenità ora ...

- Bisognerebbe avvolgerla con qualcosa,- disse uno dei contadini che scavava la tomba.

- Si, come no, cos'è tutto questo onore,- borbottò il traduttore.

Il giovane corpo fu seppellito senza onori sotto alla betulla piangente e la bufera di neve pensò a creare la collinetta sulla tomba,e a breve arrivarono quelli per chi la Tanja creava il passaggio verso l'occidente.

L'attacco dei russi fu improvviso e i tedeschi lasciavano Petrischevo di fretta, se prima continuavano a dire ai contadini: "Mosca-kaput", ora indicavano a cenni che i russi li stanno attaccando e che ora loro, tedeschi, devono tornare a Berlino, per il momento erano in ritirata nella direzione di Dorohovo.

I tedeschi arrivarono al paese vicino Gribzovo e gli diedero fuoco, Gribzovo bruciò interamente. I paesani si recarono nel Petrischevo per cercare di sistemarsi in qualche modo, arrivarono anche i contadini degli altri paesi, incendiati dai fascisti, si portavano dietro i bambini ravvolti nelle coperte e gli avanzi della propria roba.

Solo all'indomani i tedeschi in ritirata si accorsero di non aver dato il fuoco a Petrischevo, mandarono il gruppo di 24 persone da Gribzovo, a questa gente fu dato l'ordine di tornare a Petrischevo e dare fuoco al paese, i tedeschi tornavano malvolentieri, avevano paura di finire dai russi e perdersi, allora decisero di non dare fuoco al paese, ma si limitarono a rompere le finestre nelle case, per poi seguire di corsa le loro truppe in ritirata.

Meno male che i vigliacchi disobbedirono, almeno un paese in zona rimase integro, come rimasero in vita i testimoni di un crimine osceno eseguito dai codardi nazisti con la partigiana gloriosa. Rimasero salvi i luoghi legati alle sue azioni eroiche, rimase integra anche la tomba sacra per i russi, la tomba dove giace la Tanja.

Le truppe del coraggioso generale Leonid Govorov avanzarono velocemente attraverso Petrischevo, seguendo il nemico in ritirata verso l'occidente, verso Mojaisk, poi verso Gjatsk e Vjazma. Ma i combattenti troveranno ancora tempo per venire qui alla tomba, chinarsi davanti ai ceneri della Tatiana e dirle un grande grazie russo di cuore, un grazie anche ai genitori che avevano generato e cresciuto un eroe, ai maestri che l'avevano educata, ai compagni che avevano rafforzato il suo spirito.

Così dirà un caro comandante:

- Amico! Quando hai sotto mira un fascista, ricordati della Tanja, fai si che il tuo proiettile vada dritto, vendicala, quando vai all'attacco, ricordati della Tanja e non girarti indietro...
E pronunceranno i combattenti un giuramento sulla tomba, un giuramento profondo e spaventoso. Andranno all'attacco e con ognuno di loro verrà Tanja.

La sua gloria lucente volerà su tutta la terra sovietica, si spargerà e i milioni di persone penseranno con amore alla piccola tomba lontana, coperta di neve e Stalin nei pensieri verrà sulla pietra tombale della sua figlia fedele.


"PRAVDA" - 27 gennaio  1942

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