Articolo del Ministro degli Affari
Esteri della Federazione Russa Sergej Lavrov sulla situazione mondiale nel
contesto della pandemia da coronavirus per il quotidiano cinese The Times,
Mosca
28 maggio 2020
La
rapida diffusione del coronavirus, nel giro di pochi giorni, ha cambiato il
ritmo della vita sul pianeta. Test di resistenza subiscono
le relazioni internazionali, nel senso più ampio, sia a livello dei singoli
stati che delle associazioni multilaterali. Tra le ovvie
conseguenze vi sono la recessione economica, la crisi della governance globale,
la crescita dei sentimenti protezionistici e isolazionisti. Gli scambi umanitari, culturali, turistici, nel loro insieme, i
contatti tra le persone sono seriamente limitati. E questa è solo la punta dell'iceberg.
Naturalmente,
quando la crisi sarà superata (e questo accadrà sicuramente), si dovrà valutare
globalmente ed in maniera esaustiva le riserve di stabilità globale di fronte a
tali sfide in futuro e sviluppare modalità comuni per rispondere a queste sfide.
Allo stesso tempo, sembra che in questa fase sia già possibile
trarre alcune conclusioni.
Le
epidemie su vasta scala non sono un fenomeno nuovo nella storia dell'umanità, si
sono ripetutamente verificate in precedenza. Tuttavia,
l'attuale pandemia - e questa è la sua peculiarità - si sta svolgendo sullo
sfondo dell'interconnessione e dell'interdipendenza senza precedenti fra persone,
paesi, interi continenti. I progressi nella tecnologia,
nell'informazione e nei trasporti hanno reso l'uomo intellettualmente e persino
fisicamente «globale». Di conseguenza, prima o poi la
maggior parte dei problemi nel mondo moderno diventano comuni o, almeno, assumono
un'ampia proiezione internazionale. A lungo abbiamo
avvertito del pericolo di sottovalutare la natura transfrontaliera di numerose
minacce - dal terrorismo al crimine informatico.
Oltre
al fatto che sedersi in un «porto tranquillo», recintare con fossati e recinti,
risolvere i loro problemi a spese degli altri è diventato impossibile. L '«effetto virus» ne è una chiara conferma.
La
pandemia è anche un'altra lezione per l'umiltà: di fronte ad un grande disastro,
sia i paesi che le persone sono uguali, indipendentemente dalla posizione
geografica, dal livello di benessere materiale o dalle ambizioni politiche.
La coronacrisi ha letteralmente messo a nudo tutto ciò che è artificioso
e superficiale, dimostrando vividamente il valore perenne della vita umana.
Non
tutti erano pronti a passare l’esame della pandemia. Anche nelle condizioni
attuali, quando la sfida globale sembrava essere stata quella di unire, di far
dimenticare alle persone almeno per un po’ le contraddizioni, gli approcci
predatori si stanno facendo sentire di nuovo. Non tutti possono resistere alla
tentazione di agire secondo il principio di «ciascuno per se stesso». C'è anche
chi sta cercando di sfruttare la situazione attuale per giocare a «Monopoli»,
promuovendo interessi ristretti, facendo i conti con i concorrenti geopolitici.
Trovandosi in un tale «humus nutritivo», il virus accelera le tendenze negative
già esistenti, aggrava le contraddizioni ed i disaccordi accumulati e accelera
la rivalità malsana.
Di
conseguenza, agli inevitabili effetti naturali dovuti alla sua diffusione, vengono
aggiunti quelli «artificiali» provocati dall'incapacità dell'umanità, più
precisamente di una certa parte di essa, di abbandonare il pensiero nello
spirito dell’ "altro / straniero", anche in condizioni di difficoltà
comuni. Ma superare solamente le oggettive, ovvie conseguenze del COVID-19 oggi
richiede solidarietà, concentrazione di forze e risorse senza precedenti.
Dobbiamo
constatare che la pandemia ci ha mostrato una serie di esempi del deficit
dell'umanesimo. Ciò potrebbe essere attribuito alla confusione di fronte alla
crescente minaccia. Ma sembra che questo deficit sia profondamente radicato ed
è dovuto, come ho già notato, all'egoismo davvero incurabile di un certo numero
di paesi e delle loro élite al potere. Osserviamo come, invece di consolidare
gli sforzi e lottare per la comprensione reciproca, coloro che sono abituati a declamare
- o recitare - la loro leadership morale e le sue ricche tradizioni
democratiche, negano le regole più elementari di decenza, vincoli etici e
iniziano ad agire secondo la «legge della giungla».
Prendiamo, ad esempio, i tentativi
di incolpare della diffusione dell'infezione la Cina o le immonde speculazione
senza scrupoli sull'assistenza russa a un certo numero di Stati su richiesta
dei loro governi. Sono arrivati al punto di assurde accuse contro la Russia di
voler utilizzare l'assistenza umanitaria e medica per «rafforzare l'influenza
geopolitica». Fino a contraddire le norme diplomatiche basilari vietando di rivolgersi
alla Russia per ricevere assistenza medica e umanitaria, indipendentemente da
quanto sia grave la situazione. Si scopre che la famigerata solidarietà del
modello euro-atlantico è l’esempio più costoso della vita e della
salute di decine di migliaia di cittadini comuni.
Cos’è
se non la politicizzazione delle questioni umanitarie ed il desiderio di usare una
pandemia per punire i governi indesiderati, che spiega la riluttanza di un
certo numero di paesi occidentali, che argomentano molto sulla necessità di
rispettare i diritti umani, di abbandonare l'applicazione delle restrizioni
economiche unilaterali agli stati del mondo in via di sviluppo - anche allo
scopo di normalizzare la situazione epidemiologica globale ? In effetti anche
secondo le Nazioni Unite queste sanzioni, limitando la capacità dei comuni
cittadini di esercitare i loro diritti sociali ed economici, complicano seriamente
gli sforzi per proteggere la salute della popolazione e colpiscono gli strati
più vulnerabili e non protetti.
La
Russia si oppone risolutamente e coerentemente ad una pratica così disumana, assolutamente
inaccettabile durante i cataclismi universali. Proprio per questo durante il
vertice del G20 sull’emergenza del 26 marzo scorso, il presidente Vladimir
Putin ha presentato l'iniziativa di creare "corridoi verdi" liberi da
guerre commerciali e sanzioni per la fornitura reciproca di medicinali, cibo,
attrezzature e tecnologia. E, naturalmente, abbiamo accolto con favore e
sostenuto la dichiarazione del segretario generale delle Nazioni Unite A.
Guterres con il suo appello alle parti nei conflitti armati regionali per
fermare immediatamente le ostilità e introdurre un cessate il fuoco.
Naturalmente qualsiasi cessate il fuoco non dovrebbe servire come scusa per esonerare
dalle loro responsabilità i gruppi terroristici riconosciuti come tali dal
Consiglio di sicurezza dell'ONU.
È
estremamente pericoloso provare ad utilizzare la situazione attuale per minare
i principi di base delle Nazioni Unite. Le sue istituzioni dovrebbero rimanere
il principale meccanismo di coordinamento per la cooperazione multilaterale
nell'interesse della risoluzione efficace dei problemi comuni a tutta
l'umanità. A questo proposito una profonda preoccupazione causano i passi per
diffamare l'Organizzazione mondiale della sanità, che - e in questo senso la
solidarietà schiacciante della maggioranza degli stati – è in prima linea nella
lotta contro il coronavirus fin dai primi giorni, aiutando tutti i paesi ad
orientarsi in una situazione epidemiologica in rapida evoluzione e scegliere le
modalità appropriate per rispondere alla minaccia, sono profondamente
preoccupanti. Naturalmente l'OMS, come qualsiasi struttura multilaterale, deve
migliorare le proprie attività ed adattarsi alle nuove condizioni. Per questo è
necessario non distruggere l'Organizzazione ma mantenere fra tutti gli Stati
membri un dialogo costruttivo per sviluppare risposte professionali comuni a
nuove sfide.
Ancora una volta la pandemia ha
sfatato il mito della «fine della storia», un modello ultraliberale di sviluppo
- di conquista - basato sui principi dell'individualismo e sulla convinzione della
capacità di risolvere qualsiasi problema utilizzando esclusivamente i metodi del
mercato. Questo approccio ha giocato un brutto scherzo ai suoi sostenitori. Una
maggiore resistenza allo stress è stata dimostrata dai paesi autosufficienti
con meccanismi di mobilitazione ben consolidati, interessi nazionali
chiaramente formulati e piattaforme di valore distintive. Coloro che hanno
intrapreso la strada dell'erosione dell'indipendenza, abbandonando con
disinvoltura parte della sovranità, sono risultati perdenti.
Oggi
è chiaro che i principali attori nell'arena internazionale sono ancora gli Stati
con i loro interessi nazionali. Ma questo non significa né
predetermina la vita in modalità di rivalità e dissociazione. Ma piuttosto
dovrebbe orientare la somma di molti potenziali unici, combinandoli fra loro per
risolvere efficacemente i problemi chiave della modernità.
Oggi
è richiesto un «concerto diplomatico» globale con il ruolo centrale di
coordinamento delle Nazioni Unite. Speriamo che l'attuale
crisi epidemiologica possa contribuire a realizzare il fatto che non esiste
alternativa ad un ordine mondiale onucentrico formatosi a seguito della seconda
guerra mondiale che ha superato la prova del tempo ed ha un ampio margine di
sicurezza. I principi sanciti nella Carta
dell'Organizzazione mondiale rimangono una base irremovibile per la costruzione
della comunicazione fra Stati in condizioni moderne.
Come
qualsiasi organismo vivente, le Nazioni Unite richiedono un costante
perfezionamento, un adattamento accurato e calibrato alle realtà multipolari.
E, naturalmente, il potenziale delle strutture di governance
globali come il «G 20» e l'Organizzazione mondiale del Commercio dovrebbe
essere sfruttato al massimo.
Buone prospettive hanno quelle
associazioni, iniziative e concetti internazionali che si basano sui valori di
inclusività, collegialità e uguaglianza. È su questa filosofia, sui principi
del rispetto delle caratteristiche e delle tradizioni culturali, civili e
nazionali, sui modi e sui modelli di sviluppo che l'interazione è condotta nel
quadro dei BRICS e della SCO, la cui presidenza quest'anno viene assunta dalla
Russia. In tempi difficili, come quelli che il mondo sta vivendo oggi, un
dialogo reciprocamente rispettoso funge da importante rete di sicurezza,
aiutando a dirigere gli sforzi in una direzione costruttiva.
Come
già notato all'inizio di questo articolo, colpendo una persona, il virus
colpisce la struttura economica collettiva. Il rallentamento delle attività
commerciali, la rottura delle catene di produzione globali sono diventati un
vero shock per l'economia globale. Questa deve essere aiutata a sopravvivere a
un periodo difficile e, successivamente, attraverso sforzi collettivi volti ad assicurare
una progressiva ripresa post-crisi. Allo stesso tempo è inaccettabile che i
problemi economici pregiudichino la cooperazione internazionale, aggravino il
deficit di fiducia e provochino nuovi cicli di conflitti negli affari mondiali.
Idealmente
questo compito dovrebbe unirci - perché il benessere dei cittadini di tutti gli
stati, senza eccezioni, dipende dal suo successo. È necessaria una ricerca
comune per nuovi livelli di crescita che possano aiutare a superare la
recessione generale. Un contributo in questo lavoro, su scala globale, può
essere la somma delle potenzialità dei vari progetti di integrazione che
vengono implementati in vasti spazi eurasiatici. Questo è esattamente ciò che
l'iniziativa del presidente Vladimir Putin propone - la formazione di un più
vasto partenariato eurasiatico basata sui principi di diritto internazionale e sulla
trasparenza, aperto a tutti i paesi di questo vasto continente compresi i
membri della Comunità economica eurasiatica, l'Organizzazione per la
cooperazione di Shanghai e l'ASEAN. La sua attuazione sistematica non solo
rafforzerà l'interconnessione economica positiva, aumentando la competitività
di tutti i partecipanti, ma diventerà anche una solida base nella costruzione
di uno spazio di pace e stabilità da Lisbona a Giacarta.
Sono convinto: anche i paesi dell'Unione
Europea trarranno beneficio se parteciperanno a questo lavoro. Unendo gli
sforzi comuni saranno in grado di assicurarsi un posto degno in un nuovo
sistema policentrico più equo e democratico del mondo. Per gli europei è ora di
smettere di staccarsi dal loro continente nativo alla ricerca di punti di
riferimento esistenziali in altre parti del mondo e invitando dall’esterno una
presenza militare che non solo non rafforza la loro sicurezza, ma che priva l'Unione
Europea della possibilità di diventare un centro indipendente di influenza
internazionale in un mondo multipolare. In ogni caso la scelta è dei partner europei.
Naturalmente tutti noi vogliamo
girare la pagina relativa alla diffusione del COVID-19 il prima possibile. Ma
imparare dalle lezioni è inevitabile. E se saranno corrette dipenderà solo da
ciascuno di noi.
Nel corso della sua lunga storia la
Russia ha ripetutamente affrontato sfide pericolose quando è stata minacciata
la sua stessa esistenza. E ogni volta non solo le ha superate con successo, non
solo ne è uscita più forte, ma ha anche dato agli altri un esempio di umanesimo
e altruismo.
Ecco
perché il nostro Paese - uno dei centri internazionali chiave, esportatore e
garante della sicurezza - continuerà a promuovere un'agenda costruttiva e
unificante per svolgere un ruolo equilibratore ed armonizzatore negli affari
mondiali. Interagirà con tutti coloro che sono pronti a
lavorare insieme sui principi di onestà, considerazione reciproca di interessi
e preoccupazioni. Sulla base dell'indivisibilità della
sicurezza in tutte le sue dimensioni, siamo sempre pronti a dare una mano ad
altre nazioni, indipendentemente dalle politiche perseguite dai loro attuali
governi.
È
tempo di abbandonare il pensiero inerziale basato su stereotipi obsoleti ed
iniziare finalmente ad agire da un punto di vista morale, perché è in gioco un
futuro prospero per tutti gli abitanti della Terra, la nostra casa comune.
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